L'allitterazione (dal latino umanistico allitteratio, -onis, derivazione di littĕra, "lettera") è una figura di parola[1][2], ricorrente soprattutto in poesia[3], che consiste nella ripetizione, spontanea o ricercata (per finalità stilistiche o come aiuto mnemonico), di un suono o di una serie di suoni, acusticamente uguali o simili, all'inizio (più raramente all'interno) di due o più vocaboli successivi, producendo omofonia (al pari della rima[4]); è un fenomeno che non interessa soltanto l'arte retorica, ma appartiene anche alla lingua comune. L'allitterazione ha dato origine a varie locuzioni di uso corrente ("bello e buono", "tosto o tardi", "senza capo né coda").
Come artificio retorico, è frequente presso gli autori latini (famoso è rimasto l'esametro degli Annali di Ennio: O Tite tute Tati tibi tanta tyranne tulisti, "O Tito Tazio, tiranno, tu stesso ti attirasti atrocità tanto tremende!"); nell'antica poesia germanica è elemento fondamentale del verso.
Al pari di altre figure, l'allitterazione è usata in ambito pubblicitario.[5]