Assedio di Malta (1940-1942)

Assedio di Malta
parte del Fronte del Mediterraneo
della seconda guerra mondiale
Strada Reale (Kingsway), strada principale de La Valletta, a Malta, pesantemente bombardata (1º maggio 1942).
Data11 giugno 1940 - 20 novembre 1942[1]
LuogoMalta, Mar Mediterraneo
EsitoVittoria decisiva degli Alleati[1][2]
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
~2.000 aerei nel corso dell'intera campagna716 aerei nel corso dell'intera campagna[2]
Perdite
  • 357 aerei tedeschi
  • 175 aerei italiani[2]
  • 72% delle navi da trasporto della Marina italiana perse
  • 23% delle navi mercantili dell'Asse perse[3]
  • 2.304 navi mercantili affondate[4]
  • 17.240 uomini uccisi in mare[5]
  • ~50 U-Boote tedeschi persi (nell'intero Mediterraneo)[6]
  • ~16 sottomarini italiani persi[6]
  • 369 caccia (in volo)
  • 64 caccia (al suolo)[2]
  • 1 nave da battaglia[6]
  • 2 portaerei[6]
  • 4 incrociatori[7]
  • 19 cacciatorpediniere}[7]
  • 38 sottomarini[6]
  • 2.301 aviatori feriti o uccisi[8]
  • 30.000 edifici distrutti o danneggiati[9]
  • 1.300 civili uccisi[9]
  • Voci di battaglie presenti su Wikipedia

    Con il termine assedio di Malta (in inglese Siege of Malta), si fa riferimento alla campagna militare nel teatro del Mediterraneo svoltasi tra il 1940 e il 1942 durante la seconda guerra mondiale. In questo contesto si vide la lotta per il controllo dell'isola di Malta, allora colonia britannica di grande importanza strategica, tra le forze aeree e navali del Regno d'Italia e della Germania nazista da una parte, e la Royal Air Force e la Royal Navy dall'altra. L'apertura di un nuovo fronte in Nordafrica nel giugno 1940 aumentò il già notevole valore di Malta: le forze aeree e marittime britanniche basate sull'isola avrebbero potuto attaccare le navi dell'Asse che trasportavano rifornimenti e rinforzi vitali dall'Europa; il primo ministro britannico Winston Churchill definì l'isola «una portaerei inaffondabile»[10].

    L'Asse decise di costringere Malta alla resa, bombardandola o prendendola per fame, attaccando i suoi porti, le città, il capoluogo e le navi alleate che rifornivano l'isola. Malta fu una delle zone più bombardate durante la guerra. In un periodo di due anni, la Luftwaffe e la Regia Aeronautica effettuarono un totale di 3.000 missioni di bombardamento sull’isola, nel tentativo di distruggere le difese della RAF ed i suoi porti[11].

    Un successo avrebbe reso possibile uno sbarco anfibio italiano (Operazione C3 per gli italiani, Operazione Herkules per i tedeschi) sostenuto dalle forze aeroparacadutate tedesche e italiane (Fallschirmjäger e divisione "Folgore"), ma la realizzazione del piano fu prima rinviata e poi annullata.

    Alla fine, i convogli alleati furono in grado di fornire e rafforzare Malta, mentre la RAF riuscì a difendere il suo spazio aereo, sebbene a costo di grandi perdite di vite e materiali. Nel novembre 1942 l'Asse aveva perso la seconda battaglia di El Alamein e gli Alleati erano sbarcati in forza nel Marocco francese di Vichy ed in Algeria durante l'operazione Torch. L'Asse spostò le sue forze per la battaglia della Tunisia e gli attacchi a Malta si ridussero rapidamente: l'assedio si concluse effettivamente nel novembre 1942[1].

    Nel dicembre 1942 le forze aeree e marittime che operavano da Malta passarono all'offensiva. A maggio 1943 avevano affondato 230 navi dell’Asse in 164 giorni, il più alto tasso di affondamento alleato dell'intera guerra[12]: la vittoria alleata a Malta svolse un ruolo importante nel successo finale degli Alleati nel Nordafrica.

    1. ^ a b c Taylor (Cit. 1974), p. 182
    2. ^ a b c d Bungay (Cit. 2002), p. 64
    3. ^ Bungay (Cit. 2002), p. 66
    4. ^ Spooner (Cit. 1996), p. 343
    5. ^ Spooner (Cit. 1996), p. 326
    6. ^ a b c d e Spooner (Cit. 1996), p. 5
    7. ^ a b Spooner (Cit. 1996), p. 3
    8. ^ Spooner (Cit. 1996), p. 8
    9. ^ a b Spooner (Cit. 1996), p. 11
    10. ^ Nora Boustany, The Consummate Diplomat Wants Malta on the Map, in The Washington Post, 13 luglio 2001. URL consultato il 6 luglio 2017.
    11. ^ Holland (Cit. 2003), p. 417
    12. ^ Spooner (Cit. 1996), p. 337

    From Wikipedia, the free encyclopedia · View on Wikipedia

    Developed by Tubidy