Bangla Desh singolo discografico | |
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Pubblicità per la pubblicazione del singolo | |
Artista | George Harrison |
Pubblicazione | 28 luglio 1971 |
Durata | 3:57 |
Genere | Pop Gospel |
Etichetta | Apple Records |
Produttore | George Harrison, Phil Spector |
Registrazione | luglio 1971, Los Angeles |
Note | n. 23 n. 10 |
George Harrison - cronologia | |
Bangla Desh è un brano musicale di George Harrison, pubblicato come singolo di beneficenza nel 1971, per raccogliere fondi in favore dei milioni di profughi della guerra di liberazione bengalese in Bangladesh (all'epoca ancora denominato "Pakistan dell'Est"), e a sostegno della popolazione colpita da carestie, malattia e calamità naturali.
L'ispirazione per la canzone venne a Harrison dall'amico Ravi Shankar, di etnia bengalese, che approcciò l'ex-Beatle chiedendogli di aiutare ad alleviare la sofferenza di quel popolo martoriato da guerra, alluvioni e carestia. La canzone Bangla Desh è stata descritta come "una delle più cocenti affermazioni sociali nella storia della musica"[1], e il successo riscosso dal brano aiutò a guadagnare supporto internazionale alla causa per la quale era stato composto. Nel 2005, il Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha identificato il successo della canzone con la presa di coscienza collettiva dell'epoca verso la crisi in Bangladesh, attraverso la sua descrizione emotiva della richiesta di aiuto di Shankar.
Bangla Desh venne pubblicata all'apice della popolarità di George Harrison come artista solista, dopo lo scioglimento dei Beatles e l'acclamata uscita del suo triplo album All Things Must Pass del 1970. Il singolo (lato B: Deep Blue) fu il primo 45 giri della musica pop ad essere pubblicato per beneficenza[2], e uscì tre giorni prima del celebre "Concerto per il Bangladesh" che si svolse al Madison Square Garden di New York. Il singolo divenne un successo da Top 10 nel Regno Unito e in Europa, e negli Stati Uniti raggiunse la posizione numero 23 nella classifica Billboard Hot 100. La registrazione venne co-prodotta da Phil Spector ed include il contributo musicale di Leon Russell, Jim Horn, Ringo Starr e Jim Keltner.