Blu egizio | |
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Coordinate del colore | |
HEX | #1034A6 |
sRGB1 (r; g; b) | (16; 52; 166) |
CMYK2 (c; m; y; k) | (90; 69; 0; 35) |
HSV (h; s; v) | (226°; 90%; 65%) |
1: normalizzato a [0-255] (byte) 2: normalizzato a [0-100] (%) |
Il blu egizio è un pigmento inorganico sintetico. È un tetrasilicato di rame e calcio (CaCuSi4O10 o CaOCuO(SiO2)4.
Il pigmento era conosciuto da Egizi, Etruschi, Greci e Romani e fu usato anche nel Medioevo e nel Rinascimento.
«Ricerche condotte, sotto la guida del Linceo Antonio Sgamellotti (...), sul Trionfo di Galatea hanno dato un risultato sorprendente: vi fu estesamente adoperato il blu egizio, pigmento assai comune in età romana in pittura e nella diffusa policromia dei marmi, ma poi apparentemente scomparso dall'uso».[1] In una Conferenza all'Accademia delle Arti del Disegno[2] lo stesso Sgamellotti, introdotto da Giorgio Bonsanti e Cristina Acidini, espone la ricerca diagnostica sull'opera di Raffaello in relazione anche alla storia della Farnesina, dei suoi architetti, artisti e dell'amore tra Agostino Chigi e Dorotea.[3]