Cinema giapponese

Locandina del film Rashomon, di Akira Kurosawa (1950)

Il cinema giapponese (日本映画?, Nihon eiga) ha una storia per molti versi analoga a quella di altre cinematografiche mondiali, con alcune proprie specificità.

L'industria cinematografica giapponese, fortemente strutturata in case di produzione maggiori, come a Hollywood, ha avuto una prima età dell'oro negli anni venti e trenta, con una produzione di eccezionale ricchezza che non ha però varcato i confini nazionali,[1] e ha raggiunto il proprio apogeo negli anni cinquanta,[2] quando la produzione ha raggiunto la sua massima prolificità, con oltre cinquecento film all'anno,[3] e le opere di eccezionale qualità artistica di alcuni autori, come Akira Kurosawa e Kenji Mizoguchi, hanno fatto scoprire in Occidente, attraverso i festival, l'esistenza del cinema nipponico, a partire dal film Rashomon (1950), vincitore del Leone d'oro alla Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e dell'Oscar per il miglior film straniero.

Tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta anche il cinema giapponese è stato interessato dal fenomeno internazionale delle nouvelles vagues e sono emersi nuovi autori di rilevanza internazionale come Nagisa Ōshima e Shōhei Imamura. Nel corso degli anni sessanta il sistema produttivo cinematografico ha però subito l'insuperabile concorrenza della televisione ed ha imboccato la via del declino, con la progressiva discesa del numero dei film prodotti, delle sale cinematografiche e degli spettatori.[4]

  1. ^ Max Tessier, Breve storia del cinema giapponese. Torino, Lindau, 1998. ISBN 88-7180-261-6 pp. 14-15
  2. ^ Max Tessier, op. cit., p. 64
  3. ^ Max Tessier, op. cit., p. 113
  4. ^ Max Tessier, op. cit., pp. 113-115

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