Dietrich Buxtehude

Particolare del dipinto Häusliche Musikszene di Johannes Voorhout, datato 1674. L'uomo ritratto sarebbe Dietrich Buxtehude.[1]
Un altro particolare dello stesso dipinto. La persona ritratta è stata a lungo erroneamente identificata con Buxtehude.[1]

Dietrich Buxtehude[2] (Bad Oldesloe o Helsingborg, 1637Lubecca, 9 maggio 1707) è stato un compositore e organista tedesco-danese.

Uomo colto, poliglotta, ottimo strumentista e discreto poeta,[3] Buxtehude sviluppò uno stile che abbracciò le varie forme compositive dell'epoca, come la fantasia, il corale e la fuga, e che influenzò molti compositori, fra i quali il giovane Johann Sebastian Bach.[4] Le sue composizioni per organo sono considerate il vertice della scuola organistica tedesca del XVII secolo.[5]

Buxtehude si spostò in varie città della Germania settentrionale prima di stabilirsi a Lubecca, dove la sua fama raggiunse il culmine, al punto che le sue rappresentazioni erano note in tutto il Paese.[4] Buona parte delle sue composizioni sono giunte fino al XXI secolo grazie a manoscritti e copie, ma delle sue produzioni all'epoca più celebrate, dei concerti vocali noti come Abendmusiken ("Musiche serali"), non si è conservato alcuno spartito.[6]

La ricchezza delle sue opere lo porta a essere il massimo compositore tedesco nella generazione fra Heinrich Schütz e Johann Sebastian Bach.[5]

  1. ^ a b infra, § 2.2.
  2. ^ Il dizionario di lingua tedesca Duden Aussprachewörterbuch del 2006, 6ª edizione, indica come [ˈdiːtrɪç bʊkstəˈhuːdə] la pronuncia esatta del suo nome. Buxtehude, principalmente in Danimarca, è noto anche come Diderich, pronunciato [ˈdidəʁɪk] o [ˈdiːdəʁɪk]), l'equivalente del moderno Diderik. In Germania, invece, è comune la forma Dieterich [ˈdiːtrɪç]. Benché alcuni siti internet riportino il nome Diderik Hansen, le maggiori biografie di Buxtehude non gli attribuiscono questo secondo nome, specificando che Hansen (o Hans) era solo il diminutivo del nome di suo padre Johannes. In Snyder, pp. 8-9.
  3. ^ Mirabelli, pp. 41-42.
  4. ^ a b Bouchet, p. 35.
  5. ^ a b Bouchet, p. 34.
  6. ^ Mirabelli, p. 144.

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