Dornier Do 217

Dornier Do 217
Un Do 217E-2 in volo
Descrizione
Tipobombardiere
caccia notturno
ricognitore
Equipaggio3
ProgettistaClaude Dornier
CostruttoreGermania (bandiera) Dornier-Werke
Data primo volo4 ottobre 1938[1]
Data entrata in servizio1942
Data ritiro dal servizio1945
Utilizzatore principaleGermania (bandiera) Luftwaffe
Altri utilizzatoriItalia (bandiera) Regia Aeronautica
Esemplari1 730[2]
Sviluppato dalDornier Do 17
Altre variantiDornier Do 317
Dimensioni e pesi
Tavole prospettiche
Lunghezza18,20 m
Apertura alare19,00 m
Altezza5,00 m
Superficie alare57,00 
Peso a vuoto9 350 kg
Peso max al decollo13 180 kg
Propulsione
Motore2 radiali BMW 801A
Potenza1 560 PS (1 147 kW) ciascuno
Prestazioni
Velocità max487 km/h a 5 500 m
Autonomia2 050 km
Tangenza8 400 m
Armamento
Mitragliatrici4 MG 17 calibro 7,92 mm nel muso
2 MG 131 calibro 13 mm in posizione ventrale e dorsale
Cannoni4 MG FF calibro 20 mm nel naso
Notedati relativi alla versione Do 217 J-2 (caccia notturno)

i dati sono estratti da Letadla 1939-1945 Stíhací a bombardovací letadla Německa 1. díl[3]

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Il Dornier Do 217 era un bombardiere bimotore multiruolo ad ala alta prodotto dall'azienda tedesca Dornier-Werke dalla fine degli anni trenta e impiegato principalmente dalla Luftwaffe durante la seconda guerra mondiale.

Sviluppato dal Do 17, dopo le versioni iniziali Do 217 A-0 e Do 217 C-0 di preserie e dotate di motori a V rovesciata DB 601B, la produzione venne concentrata sulla versione Do 217 E caratterizzata dall'utilizzo di radiali BMW 801A/B.

Venne inoltre impiegato nelle sue varie versioni come bombardiere notturno, caccia notturno e aereo d'attacco antinave. Quest'ultima, la Do 217 K caratterizzata da una fusoliera di sezione maggiore e dalla maggiore apertura alare (20,81 m), venne approntata per l'utilizzo della bomba radioguidata Ruhrstahl SD 1400 "Fritz X", nota per l'affondamento della nave da battaglia Roma della Regia Marina, il 9 settembre 1943, come conseguenza della firma dell'armistizio di Cassibile.

  1. ^ Griehl 1991, p. 21.
  2. ^ Griehl 1991, p. 14.
  3. ^ Schmid, 1993.

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