Economia bizantina

L'economia bizantina fu per secoli una tra le più solide del bacino del Mediterraneo anche per via della felice posizione di Costantinopoli, al centro delle rotte commerciali che collegavano l'Europa continentale con il Levante e i Paesi dell'Estremo Oriente attraverso la Via della Seta.

Molti studiosi collocano l'apice della potenza economica bizantina al VII secolo, fino alle conquiste arabe del vicino oriente che segnarono l'inizio di un periodo di declino e di stagnazione. Le riforme di Costantino V prima e una ritrovata stabilità politico-militare sotto gli imperatori della dinastia dei Macedoni permisero, tuttavia, un recupero delle glorie antiche, né mai l'impero perse la fama derivata dallo sfarzo e dalle ricchezze accumulatesi nella capitale.

Questa fase durò fino alla seconda metà del XII secolo quando rivolgimenti politici indebolirono il prestigio imperiale mentre diveniva sempre più forte la concorrenza dei mercanti delle Repubbliche marinare italiane, specialmente Venezia.

La IV crociata con la seguente conquista della capitale e di gran parte delle province dell'Impero segnò la fine della prosperità e, la dinastia dei Paleologi, fosse riuscita a restaurare l'impero non poté rinnovarne le fortune.

Infatti, una delle basi economiche dello stato era il commercio ed i conseguenti introiti doganali che, tuttavia, a partire dall'XI secolo iniziarono a scemare dal momento che i Basileis concessero sempre maggiori esenzioni alle Repubbliche Marinare per acquistarsi il loro appoggio e la conquista da parte dei crociati non fece altro che portare alle estreme conseguenze questo processo.


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