Elizabeth Taylor

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Elizabeth Taylor nel 1955
Statuetta dell'Oscar Oscar alla miglior attrice 1961
Statuetta dell'Oscar Oscar alla miglior attrice 1967
Statuetta dell'Oscar Oscar Premio umanitario Jean Hersholt 1993

Dame Elizabeth Rosemond Taylor, nota anche con lo pseudonimo di Liz Taylor (Londra, 27 febbraio 1932Los Angeles, 23 marzo 2011), è stata un'attrice britannica con cittadinanza statunitense, considerata l'ultima grande diva dell'era d'oro di Hollywood per le sue doti recitative e una delle più singolari bellezze cinematografiche. Raggiunse l'apice del successo fra gli anni cinquanta e sessanta, durante i quali fu l'attrice più pagata di Hollywood e ricevette enormi consensi da parte della critica.

Vinse due volte il Premio Oscar alla migliore attrice (a fronte di cinque candidature): nel 1961 per Venere in visone e nel 1967 per Chi ha paura di Virginia Woolf?; nel 1993 vinse l'Oscar Premio umanitario Jean Hersholt per le sue attività di beneficenza, in particolare per la lotta contro l'AIDS. Oltre ai tre Oscar, la Taylor vinse quattro Golden Globe, un premio BAFTA e tre David di Donatello. Nel 1999 l'American Film Institute la inserì al settimo posto tra le più grandi star della storia del cinema, dietro Katharine Hepburn, Bette Davis, Audrey Hepburn, Ingrid Bergman, Greta Garbo e Marilyn Monroe.[1]

Altri suoi celebri ruoli interpretati in età adulta sono quelli nei film Il padre della sposa (1950), Un posto al sole (1951), L'ultima volta che vidi Parigi (1954), Il gigante (1956), L'albero della vita (1957), La gatta sul tetto che scotta (1958), Improvvisamente l'estate scorsa (1959), Cleopatra (1963), La bisbetica domata (1967), Riflessi in un occhio d'oro (1968), X, Y e Zi (1972) e Assassinio allo specchio (1980).

Liz è sempre stata descritta come "la diva dagli occhi viola". Intervistata un giorno a tale proposito, rispose: «I miei occhi sono blu marino, ma hanno delle screziature rosse (vasi capillari visibili); se illuminati dalla giusta luce appaiono viola».[senza fonte]

  1. ^ (EN) AFI's 50 Greatest American Screen Legends, su afi.com, American Film Institute. URL consultato il 16 novembre 2014 (archiviato dall'url originale il 13 gennaio 2013).

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