L'empirismo (dal lat. empirĭcus, gr. ἐμπειρικός, der. di ἐμπειρία «esperienza»)[1] è un indirizzo filosofico nato nella seconda metà del seicento in Inghilterra, secondo cui la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall'esperienza. I maggiori esponenti dell'empirismo anglo-sassone furono John Locke, George Berkeley e David Hume: essi negavano che gli esseri umani avessero idee innate, o che qualcosa fosse conoscibile a prescindere dall'esperienza.
L'empirismo si sviluppò in contrapposizione al razionalismo, corrente filosofica il cui esponente principale è stato Cartesio. Secondo i razionalisti, la filosofia dovrebbe essere condotta tramite l'introspezione e il ragionamento deduttivo a priori. Secondo gli empiristi, invece, le nostre teorie dovrebbero essere fondate sull'osservazione del mondo piuttosto che sull'intuito o sulla fede.
In senso lato, oggi per "empirismo" si intende un approccio pratico e sperimentale alla conoscenza, basato sulla ricerca e su un modo di procedere a posteriori, preferiti alla pura logica deduttiva. In questo senso possono essere fatti rientrare nella corrente empirista anche Ruggero Bacone, Thomas Hobbes e Francesco Bacone.