Ernest Renan

Joseph Ernest Renan

Joseph Ernest Renan (Tréguier, 28 febbraio 1823Parigi, 2 ottobre 1892) è stato un filosofo, filologo, storico delle religioni e scrittore francese.

Famoso per la sua definizione di nazione data nel suo discorso Qu'est-ce qu'une nation? (Che cos'è una nazione?)[1] ma anche per i suoi contributi in storia delle religioni, soprattutto in quanto autore della popolare Vie de Jésus (Vita di Gesù), primo volume dell'Histoire des origines du christianisme (Storia delle origini del cristianesimo).

Teorico della razza ariana e sostenitore di posizioni coloniali e razziste molto diffuse ai suoi tempi (anche se in parte diverse dal razzismo del XXI secolo),[2][3] affermò il primato della razza indoeuropea, celebrando l'eccezionalità degli ebrei come nucleo etnico facente parte a pieno titolo delle "grandi razze civilizzate".[4]

  1. ^ Ernest Renan, Che cos'è una nazione? (PDF), su democraziapura.it. URL consultato il 23 marzo 2023. Con testo originale a seguire.
  2. ^ Césaire, Aimé (2000). Discourse on Colonialism, Joan Pinkham, trans. New York: Monthly Review Press, pp. 37–8.
  3. ^ In Che cos'è una nazione? Renan afferma: «Tanto il principio delle nazioni è giusto e legittimo, quanto quello del diritto primordiale delle razze è sbagliato e pieno di pericoli per il vero progresso»,E. Renan, p. 6 «La verità è che non esiste la razza pura e che far appoggiare la politica sull'analisi etnografica, vuol dire farla poggiare su una chimera».E. Renan,  p. 7
  4. ^ George Mosse, autore della monografia Il razzismo in Europa (Mondadori, 1992), lo cita solo un paio di volte (pp. 97, 141-142), e in entrambi i casi parlando della Vita di Gesù. In queste pagine Mosse sostiene che «secondo Renan, l'intolleranza sarebbe una caratteristica ebraica e non cristiana (…) ma, il giudaismo biblico avrebbe perduto la sua importanza persino presso gli stessi ebrei di pari passo con il progredire della civiltà. Ecco perché gli ebrei moderni non sono più svantaggiati dal loro passato e sono in grado di dare importanti contributi al progresso moderno» (p. 142).

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