Eterno ritorno

Uroboro, il serpente che si morde la coda, simbolo esoterico della ciclicità del tempo. Un chiaro riferimento a questo simbolo è il "serpente" di cui scrive Nietzsche in Così parlò Zarathustra: «Un'aquila volteggiava in larghi circoli per l'aria, ad essa era appeso un serpente, non come una preda, ma come un amico: le stava infatti inanellato al collo» [L'aquila è l'oltreuomo per il quale il tempo come "eterno ritorno" non è un ostacolo alla sua volontà di potenza che domina il tempo. (N.d.R.)][1]

L'eterno ritorno dell'uguale,[2] o semplicemente eterno ritorno, è una teoria filosofica di Friedrich Nietzsche che si ritrova genericamente nelle concezioni del tempo ciclico, per cui l'universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso. Affermata anticamente da alcuni filosofi presocratici e stoici[3] è stata ripresa in età moderna da Nietzsche che ne ha fatto un aspetto fondante della sua filosofia.

Secondo Eugen Fink l'"Eterno Ritorno dell'Uguale",[4] pur essendo uno dei capisaldi della filosofia di Nietzsche, rappresenta più un'oscura profezia che una regolare esposizione filosofica.

«...il pensiero più abissale della filosofia di Nietzsche, sta in una singolare penombra. Apparentemente manca di una precisa rielaborazione e impronta concettuale; è più simile a una oscura profezia, alla rivelazione divinatoria di un segreto, che a una rigorosa esposizione filosofica.[5]»

La concezione dell'eterno ritorno viene proclamata per la prima volta da un demone ne La gaia scienza del 1882:

«Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere![6]»

Nietzsche ebbe l'intuizione di questa teoria durante un suo soggiorno in Engadina:

«Nell’estate del 1881 Nietzsche, che all’epoca ha 37 anni, si trova a Silvaplana in Engadina, un luogo di montagna vicino a un bellissimo lago dove passeggia nel pomeriggio, mentre le sere scrive. Durante una passeggiata, Nietzsche ha questa immagine del tempo che lo spaventa e lo attrae, l’immagine dell’eterno ritorno: visto che il mondo è composto da un numero finito di elementi e questi elementi non si creano e non si distruggono (poiché si parte dall’ipotesi che Dio non esista) e allora per forza di cose questi elementi dovranno riaggregarsi nella stessa maniera per un numero infinito di volte.[7]»

  1. ^ F.Nietzsche, op. cit., p.18
  2. ^ F.Nietzsche, op.cit. pp. 265-266.
  3. ^ Eterno ritorno, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  4. ^ Virgolettato da E. Fink, all'inizio della citazione sotto riportata.
  5. ^ E. Fink, La filosofia di Nietzsche, tr. it. di Pisana Rocco Traverso, Marsilio Editori, Venezia 1973, p.98. (in Valter Oneili, L'eterno ritorno Archiviato il 3 maggio 2009 in Internet Archive.)
  6. ^ Friedrich Nietzsche, La gaia scienza e Idilli di Messina, Adelphi 1977, [341]
  7. ^ Maurizio Ferraris, Intervista sul tema dell'eterno ritorno Archiviato il 13 marzo 2016 in Internet Archive. [Non essendoci un Dio creatore che ha dato inizio a un mondo composto di esseri finiti allora il mondo non ha né inizio né fine, è eterno ed è composto di esseri infiniti. (n.d.R)]

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