Fiat G.50

Fiat G.50 Freccia
Fiat G.50 catturato dai britannici in Africa settentrionale
Descrizione
Tipocaccia
Equipaggio1
ProgettistaGiuseppe Gabrielli
CostruttoreBandiera dell'Italia Fiat
Bandiera dell'Italia CMASA
Data primo volo26 febbraio 1937
Data entrata in servizio1939
Esemplari781 (+ una conversione)
Dimensioni e pesi
Lunghezza7,80 m
Apertura alare10,990 m
Altezza2,96 m
Superficie alare18,255
Carico alare128 kg/
Peso a vuoto2 015 kg
Peso max al decollo2 529 kg
Propulsione
Motoreun radiale 14 cilindri Fiat A.74 RC.38
Potenza840 CV (618 kW)
Prestazioni
Velocità max470 km/h a 5 000 m
Velocità di stallo123 km/h
Velocità di salitaa 6 000 m in 8 min
Corsa di decollo200 m
Atterraggio285 m
Autonomia620 km
Tangenza10 700 m
Armamento
Mitragliatrici2 × Breda-SAFAT da 12,7 mm

[1]

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Il Fiat G.50 "Freccia" fu un aereo da caccia, monomotore monoplano monoposto ad ala bassa sviluppato dall'azienda italiana Fiat Aviazione negli anni trenta e prodotto sia dalla stessa che dalla sua controllata Costruzioni Meccaniche Aeronautiche S.A. (CMASA).

Primo monoplano monoposto da caccia italiano interamente metallico, con carrello retrattile e abitacolo chiuso, volò per la prima volta nel febbraio 1937 e l'anno dopo entrò in servizio nella Regia Aeronautica. Fu impiegato dall'Aviazione Legionaria durante la guerra civile spagnola. Seppure poco potente e poco armato, era estremamente maneggevole, una caratteristica comune ai caccia italiani del tempo.[2] Trovò impiego anche all'estero, nella forza aerea croata. 35 esemplari vennero ceduti alla Finlandia, dove, sotto le insegne della Suomen ilmavoimat, la forza aerea finlandese, il monoplano della Fiat ottenne i maggiori successi (99 vittorie aeree confermate)[3][4] con un rateo vittorie/perdite di 33 a 1.

  1. ^ AEROPLANO FIAT G. 50 - Istruzioni e norme per il pilotaggio, il montaggio, la regolazione, l'impiego e la manutenzione, Ministero dell'Aeronautica - Direzione Generale delle Costruzioni e degli Approvvigionamenti, Roma, 1939, pp. 19, 83, 90
  2. ^ Ethell 1995, p. 69.
  3. ^ Gunston 1988, p. 253.
  4. ^ Neulen 2000, p. 217.

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