In retorica, fin dalle sue forme classiche, si intende per "figura" (spesso "figura retorica"; in greco σχῆμα, schêma; in latino figura, da fingo, 'plasmo'[1]) qualsiasi artificio nel discorso volto a creare un particolare effetto. Si parla di "artificio" in quanto la figura rappresenta, soprattutto nel linguaggio poetico, una "deviazione", uno "scarto" rispetto al linguaggio comune: così le intende il maestro di retorica romano Marco Fabio Quintiliano (I secolo d.C.)[1]. Autori come il saggista francese Gérard Genette (in Figure, 1969) hanno evidenziato il paradosso che implica questa definizione, in quanto anche il linguaggio comune è intriso di deviazioni e scarti, con ampio uso delle figure. Dal canto suo, il saggista bulgaro Cvetan Todorov (in Ducrot-Todorov, Dizionario enciclopedico delle scienze del linguaggio, 1972) ha sottolineato come non ogni figura rappresenti una deviazione dal linguaggio comune (non sono tali, ad esempio, l'asindeto e il polisindeto). Nel complesso, a dispetto del chiaro senso dello scarto che le figure portano con sé, non è facile individuare la norma espressiva rispetto a cui la deviazione verrebbe esercitata.[2]
Fu comunque Gorgia da Lentini (V secolo a.C.) il primo ad individuare il ricorrere di espedienti formali nella cura della prosa ricercata, come l'isocolo, l'omoteleuto, l'antitesi. Cicerone (I secolo a.C.) parlò delle figure come di lumina ('luci'), flores ('fiori') e colores ('colori'), per il potere di illuminare il discorso e di attribuirgli varietà e vivacità.[1]
Due sono le figure retoriche che più di altre hanno contribuito a caratterizzare la lingua letteraria: la metafora e la metonimia. La metafora indica un dato oggetto nominandone un altro che sta in rapporto al primo come possibile termine di paragone, ma che proviene da una diversa area semantica (ad esempio, un uomo coraggioso viene indicato come "un leone"); il rapporto di somiglianza tra le diverse aree semantiche sfruttate dalle metafore è storicamente definito, in quanto stabilito in modi diversi nel tempo dai diversi sistemi culturali. La metonimia indica un oggetto nominandone un altro che sta con il primo in un rapporto di contiguità logica ("leggere Dante" intendendo "leggere le opere di Dante") o materiale ("bere un bicchiere" intendendo "bere il contenuto di un bicchiere"). La metafora opera una sostituzione più forte rispetto a quella operata dalla metonimia.[3]