«Si potrebbe […] presentare la storia ulteriore del pensiero come un ricorso delle idee del Vico.»
Giambattista Vico (Napoli, 23 giugno 1668 – Napoli, 23 gennaio 1744) è stato un filosofo, storico e giurista italiano dell'età dei lumi.
Vico criticò l'affermarsi e lo sviluppo del razionalismo moderno, preferendo essere un apologeta dell'antichità classica, trovando l'analisi cartesiana e altre correnti di riduzionismo impraticabili per la vita quotidiana. Fu il primo espositore dei fondamenti delle scienze sociali e della semiotica.
L'aforisma latino Verum esse ipsum factum ("Ciò che è vero è precisamente ciò che è fatto") coniato da Vico rappresentò un primo esempio di epistemologia costruttivista.[2][3] Inaugurò il campo moderno della filosofia della storia e, sebbene tale termine non appaia nei suoi scritti, Vico parlò di una "storia della filosofia narrata filosoficamente".[4] Sebbene egli non fosse uno storico, l'interesse contemporaneo per Vico è stato suscitato da uno storico delle idee e filosofo come Isaiah Berlin,[5] dal critico letterario Edward Said e da Hayden White, un metastorico.[6][7]
Il culmine del lavoro intellettuale di Vico è il libro Scienza nuova del 1725, in cui l'autore tentò un'organizzazione sistematica delle discipline umanistiche come un'unica scienza che registra e spiega i cicli storici attraverso i quali le società sorgono e cadono.[8]