Gigantopithecus | |
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Ricostruzione della mandibola di Gigantopithecus, al Cleveland Museum of Natural History, Ohio | |
Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Mammalia |
Ordine | Primates |
Sottordine | Haplorhini |
Infraordine | Simiiformes |
Famiglia | Hominidae |
Tribù | † Sivapithecini |
Genere | † Gigantopithecus Gustav H. R. von Koenigswald, 1935 |
Specie | Gigantopithecus blacki |
Nomenclatura binomiale | |
† Gigantopithecus blacki von Koenigswald, 1935[1] |
Gigantopithecus (dal greco antico γίγας?, gígas, "gigante" e πίθηκος, píthēkos, "scimmia") è un genere estinto di scimmie di enormi dimensioni vissuto nel Pleistocene inferiore-medio, circa 2-0,3 milioni di anni fa, in quella che oggi è la Cina meridionale. Il genere conta una singola specie, Gigantopithecus blacki, che detiene il primato di più grande scimmia conosciuta. Potenziali resti aggiuntivi sono stati ritrovati anche in Thailandia, Vietnam e Indonesia. I primi resti di Gigantopithecus, due terzi molari, furono identificati in una farmacia cinese dall'antropologo Gustav H. R. von Koenigswald, nel 1935, che in seguito descrisse l'animale. Nel 1956, a Liucheng vennero trovati la prima mandibola e oltre 1 000 denti; da allora sono stati trovati numerosi altri resti in almeno 16 siti. Attualmente l'animale è noto solo da denti e quattro mandibole, mentre altri possibili elementi scheletrici sono stati probabilmente consumati da istrici prima che potessero fossilizzarsi.[2] Originariamente, si credeva che il Gigantopithecus fosse un ominina, un membro della linea umana, ma le più recenti analisi cladistiche indicherebbero che si trattasse di un parente stretto degli oranghi, classificati nella sottofamiglia Ponginae.
Sebbene il Gigantopithecus venga tradizionalmente ricostruito come un'enorme scimmia simile a un gorilla, raggiungendo, potenzialmente, anche i 200–300 kg (440-660 libbre) di peso, la scarsità dei resti di questo animale rende le stime delle dimensioni totali altamente speculative. La specie potrebbe essere stata sessualmente dimorfica, con maschi molto più grandi delle femmine. Gli incisivi sono ridotti e i canini sembrano aver avuto la stessa funzione dei denti posteriori (premolari e molari). I premolari sono a corona alta e il quarto premolare è molto simile a un molare. I molari sono i più grandi tra tutte le scimmie conosciute e hanno una superficie relativamente piatta. Gigantopithecus aveva lo smalto più spesso per misura assoluta di ogni altra scimmia conosciuta, fino a 6 millimetri in alcune aree, sebbene fosse solo abbastanza spesso quando si tiene conto delle dimensioni dei denti.
Nonostante le enormi dimensioni stimate, l'analisi dei denti e delle mandibole di Gigantopithecus sembrano indicare un erbivoro generalista che si nutriva soprattutto di piante C3, dotato di fauci atte alla macinazione, frantumazione e taglio di piante fibrose dure, e smalto spesso atto a resistere a cibi con particelle abrasive come steli, radici e tuberi con sporcizia. Alcuni denti presentano tracce di frutti della famiglia dei fichi, che potrebbero essere stati importanti componenti della dieta dell'animale. Viveva principalmente nella foreste subtropicali e tropicali, e si estinse circa 300 000 anni fa, probabilmente, a causa del ritiro del suo habitat preferito per via dei cambiamenti climatici e dell'attività umana. Gigantopithecus è diventato piuttosto popolare nei circoli di criptozoologia, in quanto visto come la fonte dietro le leggende dello yeti tibetano e del bigfoot americano, creature simili a grandi uomini pelosi nel folklore locale.
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