Giudice (storia della Sardegna)

Giudice, nel significato di sovrano è la definizione utilizzata in lingua italiana per tradurre dalla lingua sarda la parola judike[1]. Nei documenti ufficiali delle cancellerie dei quattro regni sardi tale parola veniva utilizzata per indicare la persona del re. Sempre con lo stesso significato tale parola veniva espressa anche in altre forme quali: iudike, judiche o iudice[2] o ancora nella forma femminile juyghissa (vedi la Carta de Logu promulgata da Eleonora d'Arborea), ma anche rege (dal latino ''rex, regis'', "re").

I Giudicati sardi
  1. ^ Lo storico F.C. Casula, nell'"Aggiornamento e note storico-diplomatiche al Codex Diplomaticus Sardiniae di Pasquale Tola", nel Tomo I, a pag XI dice: «a capo di ciascun giudicato c'era un re (su judike) scelto secondo un rigido sistema misto elettivo-ereditario dalla corona de logu, un parlamento deliberante formato dai rappresentanti dei paesi (o ville, o biddas) del territorio»
  2. ^ Anche lo storico A. Solmi usa i termini iudex e iudike. Ecco la frase tratta dal suo libro Studi storici sulle istituzioni della Sardegna nel Medioevo, pag 36: «I quattro giudicati hanno un sistema di governo fondamentalmente uguale, che svela l'origine da elementi comuni. Al sommo di ciascuno sta, come si è detto, un capo detto giudice (iudex, iudike) e talvolta anche rex il quale tiene l'insieme dei poteri sovrani». Tali termini si trovano spesso anche in corsivo in svariate pagine e non tra parentesi

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