Guerra lituano-sovietica

Guerra lituano-sovietica
parte delle guerre d'indipendenza lituane
Prigionieri di guerra sovietici in un accampamento lituano. Dal 1 dicembre 1919, i lituani trattennero 1.773 soldati russi[1]
Data16 dicembre 1918 - 25 agosto 1919
LuogoLituania
EsitoBolscevichi respinti, Lituania indipendente
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
Lituania (bandiera) 8 000 (agosto 1919)[2]
Germania (bandiera) 10 000 volontari teutonici[2]
18 000 - 20 000
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La guerra lituano-sovietica o guerra lituano-bolscevica (in lituano Karas su bolševikais) fu un conflitto scoppiato tra le forze governative della Lituania da una parte e i bolscevichi della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa dall'altra dopo la resa tedesca nella prima guerra mondiale. Lo scontro rientrava nella più generale offensiva sovietica lanciata verso i territori appartenenti in precedenza all'Impero russo e perduti con la firma del trattato di Brest-Litovsk, con cui Mosca usciva dal conflitto globale. L'attacco seguì il percorso delle truppe tedesche in ritirata con l'intenzione di istituire delle repubbliche socialiste in Ucraina, Bielorussia, Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, in concomitanza con la rivoluzione di novembre avvenuta in Germania.[3]

Entro la fine del mese di dicembre 1918 le forze sovietiche raggiunsero le frontiere lituane. Senza incontrare grande resistenza, conquistarono una città dopo l'altra e, entro la fine del mese di gennaio 1919 queste controllavano circa due terzi del territorio lituano. In febbraio, l'avanzata fu arrestata da un raccogliticcio esercito lituano composto anche da volontari tedeschi anticomunisti, i quali impedirono ai bolscevichi di catturare Kaunas, la capitale de facto della Lituania. La RSS Lituana, istituita unilateralmente dai comunisti locali due mesi prima con il sostegno di Mosca il 16 dicembre 1918, venne unificata in data 27 febbraio 1919 alla RSS Bielorussa, dando vita alla RSS Lituano-Bielorussa o Litbel. Dal mese di aprile, le schermaglie tra lituani e bolscevichi procedettero di pari passo con le fasi della guerra polacco-sovietica.

La Polonia, dal canto suo, avanzava delle rivendicazioni territoriali sulla Lituania, in particolare sulla regione di Vilnius: le tensioni si acuirono innescando una lotta tra le due nazioni una volta che i biancorossi giunsero ai confini lituani, ovvero quando riuscirono a respingere i bolscevichi da Varsavia. Lo storico Norman Davies ha sintetizzato così la situazione: "l'esercito tedesco supportava i lituani nazionalisti, i sovietici, invece, i comunisti lituani, mentre infine polacchi combattevano contro tutti".[4] A metà maggio l'esercito lituano, allora comandato dal generale Silvestras Zukauskas, avviò un'offensiva contro i sovietici nel nord-est della Lituania; entro la metà di giugno, i lituani raggiunsero il confine lettone e insaccarono i sovietici tra laghi e colline vicino Zarasai, dove i rossi sarebbero rimasti intrappolati fino alla fine del mese di agosto del 1919. I sovietici e lituani, separati dal fiume Daugava, mantennero le loro postazioni intatte per svariate settimane: fu la battaglia di Daugavpils, avvenuta nel gennaio 1920, a smuovere definitivamente la situazione a favore dei baltici. Già nel settembre del 1919 i bolscevichi avviarono offerte di negoziazione per un accordo di pace, ma i colloqui ebbero effettivamente inizio solo nel maggio 1920. Alla fine, quando venne siglato trattato di Mosca il 12 luglio 1920, la Russia sovietica chiuse la contesa e riconobbe in maniera ufficiale la Repubblica di Lituania come Stato indipendente.

  1. ^ Lešcius, p. 173.
  2. ^ a b Skirius (2008).
  3. ^ Davies (1982), p. 934.
  4. ^ Davies (2006), p. 506.

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