Idealismo trascendentale

L'idealismo trascendentale, in filosofia, è un'accezione dell'idealismo formulata da Immanuel Kant e resa prevalente dai suoi successori,[1] secondo la quale, in linea generale, un oggetto sussiste nelle forme con cui c'è un soggetto che lo pensa.[2]

Col termine trascendentale Kant intendeva designarlo in maniera equivalente come «idealismo formale»,[3] per distinguerlo dall'«idealismo empirico» o «materiale» che nega o mette in dubbio l'esistenza oggettiva di una realtà esterna riducendola a una rappresentazione psicologica del singolo individuo,[4] sebbene la corrente idealistica da lui inaugurata sarebbe pervenuta ad esiti anche contrastanti con le sue posizioni.[1]

L'uso del termine trascendentale è dovuto peraltro a un modo alquanto professionale di approcciarsi ai temi della filosofia, derivante dalla mentalità scolastica medievale, e riportato in auge nelle università tedesche dall'abitudine di ricorrere ad un linguaggio specialistico, spesso inaccessibile a chi non ne condivida il lessico.[1]

Immanuel Kant

L'idealismo di Kant è trascendentale, cioè formale e non materiale,[5] perché si propone di far luce sul modo in cui avviene la conoscenza, anziché sugli oggetti in sé. Secondo Kant, infatti, le condizioni di ogni conoscenza non sono poste dall'oggetto conosciuto, bensì dal soggetto stesso. È quest'ultimo a introdurre nella realtà quelle forme che, non preesistenti in essa, risultano determinanti per la sua comprensione.

Tre in particolare sono i livelli della soggettività: il primo è l'intuizione da parte dei sensi, che ricevono i dati dall'esterno secondo le forme dello spazio e del tempo. In secondo luogo intervengono i concetti elaborati dall'intelletto, la cui funzione è di organizzare quelle impressioni sensibili entro apposite categorie con cui esprimere dei giudizi. Subentra infine la ragione che collega tra di loro questi giudizi giungendo a formulare principi più generali o idee.[6]

Kant insisteva sul carattere a priori della conoscenza, cioè formale, non derivato dall'esperienza, esercitato dall'attività del soggetto sui dati sensibili, sostenendo che «i concetti senza intuizioni sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche».[7]

Quel che rientra nella nostra capacità conoscitiva si limita per Kant al modo in cui la realtà appare ai nostri sensi, ossia al fenomeno, mentre al di fuori si trova il noumeno.

«Tutto ciò che viene intuito nello spazio o nel tempo, e quindi tutti gli oggetti di un'esperienza per noi possibile, non sono nient'altro che fenomeni, cioè sono semplici rappresentazioni che, così come vengono rappresentate – in quanto esseri estesi o serie di mutamenti –, non hanno al di fuori dei nostri pensieri alcuna esistenza in sé fondata. Chiamo questa dottrina idealismo trascendentale.»

Solo in una seconda edizione Kant ritenne di aggiungere alla sua Critica una «confutazione dell'idealismo», per respingere le interpretazioni della sua opera nell'ottica dell'idealismo di Berkeley.[9]

Egli considerava infatti il proprio idealismo trascendentale equivalente ad un «realismo empirico», al quale contrapponeva viceversa il fenomenismo di Cartesio e Locke, da lui designato come «idealismo empirico» o «realismo trascendentale», che negando qualsiasi accesso diretto alla realtà conduceva allo scetticismo di Hume.[5]

Kant teneva a sottolineare cioè la portata oggettiva del suo idealismo, per il quale noi non percepiamo sensazioni, pensieri, o meri riflessi della nostra interiorità, bensì i fenomeni, ritenuti comunque esterni a noi, e in grado di dare consistenza e significato alla conoscenza.[5]

  1. ^ a b c Vittorio Mathieu, Idealismo, § 2, su treccani.it.
  2. ^ Edoardo Dallari, Teoria generale dello Spirito come atto puro, su filosofico.net.
  3. ^ Immanuel Kant, Critica della ragion pura, cap. II, sez. VI, edizione A, 491.
  4. ^ Così lo stesso Kant: «L'idealismo (intendo quello materiale) è la teoria che dichiara l'esistenza degli oggetti nello spazio, fuori di noi, o semplicemente come dubbia e indimostrabile, oppure come falsa e impossibile» ( Immanuel Kant, Critica della ragione pura, traduzione di Giorgio Colli, Adelphi, Milano, 1976, p. 295. )
  5. ^ a b c Dario Sacchi, Necessità e oggettività nell'analitica kantiana: saggio sulla deduzione trascendentale delle categorie, pp. 28-29, Vita e Pensiero, 1995.
  6. ^ Guido Calogero, Idealismo, su treccani.it.
  7. ^ Kant, Critica della ragion pura, A51.
  8. ^ Trad. it. da Critica della ragion pura. Testo tedesco a fronte, a cura di Costantino Esposito, pag. 733, Milano, Bompiani, 2004.
  9. ^ Sofia Vanni Rovighi, Filosofia della conoscenza, pag. 219, Edizioni Studio Domenicano, 2007.

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