Impero coloniale danese | |
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Motto: Ske Herrens vilje | |
Dati amministrativi | |
Nome ufficiale | Danske kolonier |
Lingue ufficiali | danese |
Lingue parlate | norvegese, tedesco, islandese, groenlandese, faroese |
Capitale | Copenaghen |
Politica | |
Forma di governo | assolutismo monarchico per diritto divino dei re |
Nascita | 1536 |
Fine | 1953 (de iure)
1979 (de facto) |
Territorio e popolazione | |
Bacino geografico | Europa, America, Africa, Asia |
Territorio originale | Danimarca |
Massima estensione | 2.655.564,76 km²[1] nel 1800 |
Impero coloniale danese al suo apogeo, intorno al 1800 | |
Per Impero coloniale danese si intende l'Impero che la Danimarca costituì tra il Trecento e l'Ottocento, con possedimenti in America del Nord con la Groenlandia e le attuali isole Vergini Americane, Africa, con alcuni stanziamenti per breve tempo nell'attuale Ghana, Asia con stanziamenti seicenteschi nel sud dell'India (Tranquebar) e nel Bengala (Serampore e sulle Isole Nicobare) ed in Europa in cui i possedimenti danesi comprendevano Fær Øer, Norvegia ed Islanda. Agli inizi dell'Ottocento si estendeva dunque su una superficie superiore ai due milioni e seicentomila chilometri quadrati (in larga parte ricoperti di ghiacci perenni), ridottisi poi a circa due milioni e trecentomila con la cessione della Norvegia alla Svezia nel 1815. Nel corso della prima guerra mondiale, le isole Vergini furono cedute agli Stati Uniti. De facto l'impero esiste ancora, dato che la Danimarca mantiene la sovranità sulla Groenlandia e sulle Isole Fær Øer, pur avendo assicurato a questi territori una larga autonomia.