Irangate

Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti all'epoca dello scandalo.

Irangate[1] (in lingua inglese Iran-Contra affair) fu uno scandalo politico che nel biennio 1985-1986 coinvolse vari alti funzionari e militari dell'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, accusati dell'organizzazione di un traffico illegale di armi con l'Iran, su cui vigeva l'embargo.

L'attività aveva lo scopo di facilitare il rilascio di sette ostaggi statunitensi in quel momento nelle mani di Hezbollah (storicamente legato all'Iran) in Libano, e di servirsi del ricavato del traffico di armi per finanziare in modo occulto l'opposizione violenta dei Contras durante la guerra civile in Nicaragua, in funzione antisandinista. Lo scandalo minò duramente la credibilità di Reagan[2], che la recuperò poi con la sottoscrizione dell'accordo INF con Gorbaciov, riuscendo così a concludere il secondo mandato. Per l'appoggio ai Contras, oltre che per altre attività illegali svolte contro il Nicaragua, gli Stati Uniti d'America sono stati condannati nel 1986 dalla Corte internazionale per "uso illegale della forza".

  1. ^ -gate, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 22 novembre 2023.
  2. ^ Brandon Rottinghaus, Zlata Bereznikova, Exorcising Scandal in the White House: Presidential Polling in Times of Crisis, Presidential Studies Quarterly, Vol. 36, No. 3 (Sep., 2006), pp. 493-505.

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