Linguaggio gay maschile

Il linguaggio gay maschile è stato al centro di numerosi stereotipi moderni, nonché di studi sociolinguistici, in particolare nell'inglese nordamericano. La ricerca scientifica ha scoperto caratteristiche foneticamente significative prodotte da molti uomini omosessuali e ha dimostrato che gli ascoltatori indovinano accuratamente l'orientamento sessuale di chi parla, suggerendo che non è una casualità.[1] Storicamente, le caratteristiche del linguaggio maschile gay sono state fortemente stigmatizzate e il loro utilizzo può talvolta essere codificato in un numero limitato di contesti al di fuori del luogo di lavoro o di altri spazi pubblici.

La ricerca non supporta l'idea che il linguaggio gay adotti interamente caratteristiche del linguaggio femminile, piuttosto che adotta selettivamente alcune di quelle caratteristiche.[2] Le caratteristiche del linguaggio gay sembrano essere modi di parlare appresi (piuttosto che innati), come molti aspetti del linguaggio, sebbene le loro origini e il processo di adozione da parte degli uomini rimangano poco chiari.[3] Una caratteristica particolarmente rilevante è talvolta conosciuta come il sigmatismo gay, anche se i ricercatori confermano che tecnicamente non è una zeppola.

Esistono somiglianze tra il linguaggio gay maschile e quello di altri membri della comunità LGBTQ+. Le caratteristiche del linguaggio lesbico sono state confermate anche nel XXI secolo, sebbene siano molto meno notate socialmente rispetto alle caratteristiche del linguaggio maschile gay. Il linguaggio delle drag queen è un ulteriore argomento di ricerca e, sebbene alcune drag queen possano anche identificarsi come uomini gay, una descrizione dei loro stili linguistici potrebbe non essere così binaria (gay contro etero).[4] Come in altre comunità emarginate, i codici linguistici possono essere profondamente legati alle comunità e/o alle sottoculture locali e intime.

  1. ^ Rudolf P. Gaudio, Sounding Gay: Pitch Properties in the Speech of Gay and Straight Men, in American Speech, vol. 69, n. 1, 1994, pp. 30–57, DOI:10.2307/455948.
  2. ^ Munson et al., 2006, p. 234.
  3. ^ Munson et al., 2006, p. 216.
  4. ^ Essing (2019). Breaking Away from the Binary. https://www.uni-muenster.de/Ejournals/index.php/satura/article/view/3063

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