Locomotiva FS E.330

«Con le E.330, per la prima volta a livello mondiale, si poteva affermare che la trazione elettrica fosse in grado di sostituire la macchina a vapore – e di sostituirla in meglio – in tutti i tipi di servizio, non solo sulle linee secondarie o suburbane e non solo in montagna.»

Locomotiva FS E.330
Locomotiva elettrica
Locomotiva trifase E.330.008 delle FS (lato sinistro)
Anni di progettazione 1912
Anni di costruzione 1914
Anni di esercizio 1914-1963
Quantità prodotta 16
Costruttore Società Italiana Westinghouse (vedi il testo)
Lunghezza 11008 mm
Larghezza 2 900 mm
Altezza 4 265 mm senza trolley[2]
Massa in servizio 73 t
Massa aderente 51 t
Rodiggio 1'C1'
Diametro ruote motrici 1 630 mm[3]
Potenza oraria 2000 kW[4]
Potenza continuativa 1 750 kW[4]
Sforzo trazione massimo 84 kN[5]
Velocità massima omologata 100 km/h (vedi il testo)
Alimentazione 3,6 kV CA trifase 16⅔ Hz

Le locomotive E.330 sono state un gruppo di locomotive elettriche delle Ferrovie dello Stato, alimentate a corrente alternata trifase a frequenza ferroviaria, utilizzate per la trazione dei treni viaggiatori dal 1914 al 1963.

La velocissima espansione della rete ferroviaria italiana,[6] contemporaneamente effetto e causa dello sviluppo economico e sociale del Paese e dell'aumento del traffico manifestatosi dopo il 1895, insieme ad alcuni disastri come quello del Piano orizzontale dei Giovi (avvenuto l'11 agosto 1898 e in cui morirono 13 persone[7]) richiamò l'attenzione anche dell'opinione pubblica non specializzata sulla necessità di ovviare ai limiti della trazione a vapore.[8]

I rapidi sviluppi dell'elettrotecnica e della tecnologia dei materiali, permettendo alla trazione elettrica di uscire dai limiti dell'impiego sulle tramvie urbane e suburbane consentirono l'inizio delle elettrificazioni ferroviarie con sistemi di alimentazione a media e ad alta tensione.[9]

I limiti dell'infrastruttura (tracciato, ponti, corpo stradale e armamento), che nel breve periodo avrebbero impedita l'adozione di nuovi gruppi di locomotive dotate di un carico per sala maggiore delle 15 t ammesse sulla parte già ammodernata della rete (clamoroso fu l'anacronismo delle locomotive del gruppo 690 FS progettate nel 1908, commissionate nel giugno 1910 e consegnate dal febbraio 1911 che, avendo un carico di 17,1 t su ognuna delle sale motrici, furono autorizzate a circolare solo su due linee)[10][11] e la necessità d'importare tutto il carbon fossile necessario per l'alimentazione delle locomotive a vapore, che avevano già dimostrato i loro limiti energetici e d'esercizio[12][13], spinsero la dirigenza delle Ferrovie dello Stato a sviluppare rapidamente i programmi di elettrificazione anzitutto delle linee di valico afferenti alla pianura padana, impiegando le nuove locomotive del gruppo E.550 (soprannominato "il mulo dei Giovi") costruite dal 1908 nello stabilimento di Vado Ligure appositamente impiantato dalla Società Italiana Westinghouse.

Le locomotive E.330, progettate e costruite dalla stessa azienda industriale e destinate al traino dei treni viaggiatori veloci sulle linee di pianura,[14] risolsero in modo rimasto ineguagliato il problema, tipico della trazione con motori asincroni trifase, dell'adeguamento delle velocità alle diversificate necessità del traffico.[15][16] Le soluzioni tecniche che le caratterizzarono furono frutto della genialità di progettisti stranieri, ma alla dirigenza politica e tecnica italiana va ascritto il merito di avere generate le condizioni per la loro introduzione e di avere stimolato anche grazie a esse lo sviluppo di un'autonoma scuola progettuale e di un'industria specializzata nazionale.[17]

  1. ^ Giorgio Stagni, 100 anni di storia delle FS: un quadro di sintesi, su miol.it. URL consultato il 3 aprile 2011.
  2. ^ Mascherpa, nº 225, pp. 32-33.
  3. ^ Con cerchioni a nuovo: cf Mascherpa, nº 225, p. 35.
  4. ^ a b Effettiva ai cerchioni e alla velocità di 75 km/h: cf Mascherpa, nº 225, p. 35.
  5. ^ A regime continuativo e alla velocità di 75 km/h: cf Mascherpa, nº 225, p. 35.
  6. ^ L'estensione della rete passò dagli 11003 km del 1885 ai 16 429 km del 1900. Cf Andrea Curami e Paolo Ferrari, I trasporti del Regno. Iniziativa privata e intervento statale in Italia 1861-1946, Brescia, Fondazione Negri, 2007, p. 49, ISBN 88-89108-10-X.
  7. ^ In quell'incidente "un treno in doppia trazione procedeva a stento in salita al 29 per mille nella galleria di valico della vecchia linea dei Giovi. Le macchine slittavano. Era stato necessario fermarsi per rifare pressione. Al momento di riprendere la marcia il macchinista della locomotiva di testa si accorse di non essere secondato da quello della macchina di coda che era stato colpito da asfissia. Egli fece ogni sforzo per portare il treno fuori dalla galleria. C'era quasi riuscito, ma il treno cominciò a retrocedere ed accelerando nella discesa continua che raggiunge il 35 per mille, piombò addosso ad un altro treno che era in sosta al Piano Orizzontale dei Giovi. Ci furono 13 morti, una cosa enorme per quei tempi. Fu incriminato persino il Direttore Generale della Rete Mediterranea, ing. Mattia Massa. Cf Zeta-Zeta [Bruno Bonazzelli], La trazione elettrica nelle ferrovie italiane, in H0 Rivarossi, n. 65, 1964, p. 9.
  8. ^ "L'esigenza di disporre di locomotive molto più potenti era connessa anche al progressivo aumento di peso del materiale rotabile, il quale nel giro di pochi anni aveva subito una rapida evoluzione passando dai vagoni a due-tre assi alle lunghe carrozze a carrelli il cui peso a vuoto si avvicinava alle 20 tonnellate. Ma l'adozione di macchine di maggiori dimensioni comportò anche profonde e costose modifiche a tutte le infrastrutture della linea, dal consolidamento dei ponti e dei terrapieni, all'incremento degli impianti di rifornimento di acqua e di carbone, alla costruzione di nuove piattaforme girevoli negli scali affinché fosse possibile invertire il senso di marcia delle locomotive. […] Come le locomotive aumentavano in potenza, peso e velocità […] si dovevano anche predisporre gli strumenti atti a fermare in poco spazio queste valanghe di ferro che procedevano, seguite da vagoni carichi di passeggeri, a velocità ormai prossime ai 100 km/h. Si dette cioè l'avvio a una seria campagna sulle norme di sicurezza, la quale fu molto opportuna non solo perché tale aspetto era stato finora abbastanza trascurato, ma anche per controbattere i detrattori della ferrovia che continuavano a sostenere l'estrema pericolosità della recente invenzione; in effetti alcuni gravi incidenti avevano turbato l'opinione pubblica sia in Europa sia in America." Cf Luciano Greggio, Le locomotive a vapore. Modelli di tutto il mondo dalle origini a oggi con dati tecnici, Milano, Mondadori, 1977, pp. 110 e 114.
  9. ^ Lucio Mayer, Impianti ferroviari. Tecnica ed esercizio, Roma, Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, 1970, pp. 237-251.
  10. ^ Giovanni Cornolò, Locomotive a vapore FS, Parma, Ermanno Albertelli, 1998, pp. 334-339, ISBN 88-85909-91-4.
  11. ^ Erminio Mascherpa, 691, compromesso vincente, in I Treni, n. 186, 1997, pp. 22-24.
  12. ^ Gianni Robert, Le ferrovie nel mondo, Milano, Vallardi, 1964, pp. 426-429.
  13. ^ Giuseppe Vicuna, Organizzazione e tecnica ferroviaria, Roma, Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, 1968, pp. 301-350.
  14. ^ "Al termine di questo periodo [1871-1905] l'Italia è al 7º posto nella graduatoria della velocità media commerciale del treno più veloce: lungo il tronco Milano-Bologna di 219 chilometri si registra il valore di 62,9 km/h. Ma tutto quanto riguarda la sovrastruttura ferroviaria è in via di netto miglioramento: impianto del binario, segnalamento, dispositivi di sicurezza. […] L'Italia è al 7º posto in un'altra graduatoria: ha 4 km di ferrovie ogni 100 km² e 3,8 ogni 10 000 abitanti. È preceduta da U.S.A., Germania, Austria-Ungheria, Inghilterra, Francia, Russia europea". Cf Francesco Ogliari e Piero Muscolino, 1839-1989. Centocinquant'anni di trasporti in Italia, Milano, SOCIMI, 1989, p. 12.
  15. ^ Puccia.
  16. ^ "Il motore trifase […] aveva l'enorme vantaggio di essere un mulo, un motore docilissimo, agli effetti della manutenzione, ma come mulo [l'E.550] camminava praticamente soltanto a una sola velocità, quella che a lui piaceva, per stare al paragone!" Lucio Mayer, Intervento al 2º Convegno internazionale sui trasporti ferroviari. Torino, 1º-3 ottobre 1973, in Ingegneria ferroviaria, n. 1, 1974, p. 38.
  17. ^ Solo dalla fine dell'Ottocento l'industria italiana produttrice di locomotive a vapore cominciò a emanciparsi dalla più precoce industria straniera. Cf Michèle Merger, Un modello di sostituzione: la locomotiva italiana dal 1850 al 1914, in Rivista di storia economica, nº s. 3, 1986, pp. 66-108.

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