Luigi Cadorna

Luigi Cadorna
Luigi Cadorna in abiti civili.

Capo di stato maggiore del Regio Esercito
Durata mandato10 luglio 1914 –
8 novembre 1917
MonarcaVittorio Emanuele III
PredecessoreAlberto Pollio
SuccessoreArmando Diaz

Senatore del Regno d'Italia
Durata mandato16 ottobre 1913 –
21 dicembre 1928
LegislaturaXXIV, XXV, XXVI, XXVII
Tipo nominaCategoria: 14
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoIndipendente (militare)
Titolo di studioAccademia militare
ProfessioneUfficiale
Luigi Cadorna
Luigi Cadorna in uniforme.
NascitaPallanza, 4 settembre 1850
MorteBordighera, 21 dicembre 1928 (78 anni)
Luogo di sepolturaPallanza
Dati militari
Paese servitoBandiera dell'Italia Regno d'Italia
Forza armata Regio esercito
ArmaArtiglieria
SpecialitàStato Maggiore
Anni di servizio1865 - 1917
GradoMaresciallo d'Italia
GuerrePrima guerra mondiale
CampagneFronte italiano
BattaglieBattaglie dell'Isonzo
Battaglie delle Melette
Guerra bianca
Battaglia di Caporetto
Comandante diComando supremo militare italiano
Capo di stato maggiore del Regio Esercito
DecorazioniCroce d'oro per anzianità di servizio
Studi militariScuola militare "Teulié"
Accademia militare di Torino
Frase celebre«Morire, non ripiegare»
Altre caricheMembro del Consiglio superiore interalleato di Versailles (14 novembre 1917-16 febbraio 1918)
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Luigi Cadorna (Pallanza, 4 settembre 1850Bordighera, 21 dicembre 1928) è stato un generale e politico italiano. Figlio del generale Raffaele Cadorna, divenne capo di Stato maggiore generale nel 1914, dopo l'improvvisa morte del generale Alberto Pollio, e diresse le operazioni del Regio Esercito nella prima guerra mondiale dall'entrata dell'Italia nel conflitto, il 24 maggio 1915, fino alla disfatta di Caporetto.

Cadorna formò e armò un grande esercito, facendo anche costruire numerosi tracciati per rifornirlo di uomini e mezzi, tra cui la strada Cadorna. Non ebbe però modo di comprenderne appieno tutti i punti di forza e debolezza, e concepì in termini quasi assoluti il proprio comando, ispirandosi a principi di rigidità e dura disciplina. A ciò aggiunse un elevato senso del dovere che tutto sacrificava all'ottenimento della vittoria.[1] In quest'ottica, pur non mancando di alcune intuizioni tattico-strategiche, fu essenzialmente un convinto sostenitore dell'assalto frontale a oltranza per mettere a dura prova il nemico asburgico, nonostante ciò comportasse perdite enormi di uomini anche per l'esercito italiano.[2]

Di conseguenza, per oltre due anni continuò a sferrare durissime e sanguinose "spallate" contro le munite linee difensive austro-ungariche sull'Isonzo e sul Carso, ottenendo modesti risultati di avanzamento territoriale. Nel 1916 ottenne successi più consistenti, quando l'esercito italiano, grazie alla superiore logistica, arrestò l'offensiva degli Altipiani (in Italia anche detta Strafexpedition) e riuscì ad occupare Gorizia. Sull'onda di questi eventi, Cadorna accentrò ancor di più nelle sue mani la condotta della guerra e inasprì la sua fermezza. In particolare introdusse tramite ordinanza, nel novembre, il ricorso alla decimazione, pratica risalente all'antica Roma e assolutamente non prevista dal codice penale militare, atto che fu disapprovato con fermezza anche dalla Commissione d'inchiesta di Caporetto che la definì un «provvedimento selvaggio, che nulla può giustificare».[3]

Altre circolari di Cadorna sul fronte disciplinare cambiarono completamente il modus operandi dell'esercito: se già all'inizio della guerra vigeva la prassi di pubblicizzare in tutto l'esercito l'esonero degli ufficiali superiori per manifesta incapacità di comando e di rendere noti i nominativi dei militari che avevano disertato, nel 1916 e 1917 si iniziarono anche a diramare ordini del giorno che additavano ad esempio ufficiali che avevano fatto sparare contro militari sbandati o che mettevano all'indice ufficiali colpevoli di non aver saputo mantenere salda la disciplina dei propri reparti:[4]

«In faccia al nemico una sola via è aperta a tutti: la via dell'onore, quella che porta alla vittoria od alla morte sulle linee avversarie; ognuno deve sapere che chi tenti ignominiosamente di arrendersi o di retrocedere, sarà raggiunto – prima che si infami – dalla giustizia sommaria del piombo delle linee retrostanti o da quello dei carabinieri incaricati di vigilare alle spalle delle truppe, sempre quando non sia stato freddato prima da quello dell'ufficiale. Per chiunque riuscisse a sfuggire a questa salutare giustizia sommaria, subentrerà, inesorabile, esemplare, immediata – quella dei tribunali militari; ad infamia dei colpevoli e ad esempio per gli altri, le pene capitali verranno eseguite alla presenza di adeguate rappresentanze dei corpi. Anche per chi, vigliaccamente arrendendosi, riuscisse a cader vivo nelle mani del nemico, seguirà immediato il processo in contumacia e la pena di morte avrà esecuzione a guerra finita.[5]»

Le battaglie del 1917 logorarono ulteriormente il fronte austriaco, ma il crescendo di ingenti perdite, spietata disciplina, ed eccessiva rigidità imposta alle sue truppe, contribuì con altri fattori al drammatico crollo di Caporetto, frutto dell'offensiva austro-tedesca del 24 ottobre, che lo colse di sorpresa e costrinse l'esercito a battere in ritirata fino alla linea del Piave. Ritenuto responsabile della disfatta, da lui invece attribuita alla scarsa combattività di alcuni reparti, venne sostituito dal generale Armando Diaz. Luigi Cadorna rimane una figura discussa e controversa della prima guerra mondiale e della storia d'Italia.

  1. ^ Luigi Cadorna, Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani
  2. ^ Dalla Relazione della Commissione d'Inchiesta su Caporetto
  3. ^ Filippo Cappellano, Cadorna e le fucilazioni nell'Esercito italiano 1915-1917 (PDF), su museodellaguerra.it. URL consultato il 10 febbraio 2022.
  4. ^ https://www.museodellaguerra.it/wp-content/uploads/2017/09/annali_23_Cadorna-e-le-fucilazioni.pdf
  5. ^ Circolare n. 3525 in data 28 settembre 1915, Disciplina di guerra, Comando Supremo - Reparto operazioni

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