In informatica ed elettronica un MOSFET (o MOS-FET oppure MOS FET, acronimo dell'inglese Metal-Oxide-Semiconductor Field-Effect Transistor, lett. "transistor a effetto di campo metallo-ossido-semiconduttore" e spesso conosciuto come transistore MOS) è un tipo di transistor a effetto di campo largamente usato nel campo dell'elettronica digitale, ma diffusa anche nell'elettronica analogica. Indicato anche come IGFET (Insulated-Gate Field-Effect Transistor, lett. "transistor a effetto di campo a gate isolato").[1]
Il principio di funzionamento del transistor ad effetto di campo è stato ideato da Lilienfeld nel 1925, mentre il primo MOSFET fu realizzato da Kahng e Atalla nel 1959 presso i Bell Laboratories.[2] Il MOSFET è composto da un substrato di materiale semiconduttore drogato, solitamente il silicio, al quale sono applicati tre terminali: gate, source e drain. L'applicazione di una tensione al gate permette di controllare il passaggio di cariche tra il source e il drain, e quindi la corrente elettrica che attraversa il dispositivo. A seconda che il drogaggio del semiconduttore body sia di tipo n o di tipo p il transistor prende rispettivamente il nome di pMOSFET e nMOSFET, abbreviati spesso in pMOS e nMOS, questo per via del canale di drogaggio complementare che si viene a creare nel substrato.[3]