Massacro di Katyn' massacro | |
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Vittime del massacro riesumate dai tedeschi nel 1943 | |
Tipo | Fucilazione |
Data inizio | 3 aprile 1940 |
Data fine | 19 maggio 1940 |
Luogo | Katyn' |
Stato | Unione Sovietica |
Coordinate | 54°46′24″N 31°47′20″E |
Obiettivo | Esercito polacco |
Responsabili | NKVD |
Conseguenze | |
Morti | ~ 22 000 |
Mappa di localizzazione | |
Il massacro di Katyn' (in russo Катыньский расстрел?, Katyn'skij rasstrel; in polacco Zbrodnia katyńska), noto anche come Massacro della foresta di Katyn'[1], in italiano comunemente detto massacro di Katyn', fu l'esecuzione sommaria di circa 22 000 tra ufficiali, politici, giornalisti, professori e industriali polacchi (la cosiddetta Intelligencija) da parte del Commissariato del popolo per gli affari interni (Naródnyj komissariát vnútrennich del - NKVD) nei pressi della foresta di Katyn', vicino al villaggio di Gnëzdovo, a circa 20 km ad ovest della città di Smolensk ed a circa 300 km ad est del confine di stato polacco-sovietico.
Il massacro, avvenuto tra l'aprile e il maggio del 1940, si riferiva inizialmente al massacro dei soli ufficiali polacchi detenuti nel campo di prigionia di Kozielsk, ai quali successivamente vennero inclusi i prigionieri di guerra dei campi di Kozel'sk, Starobil'sk e Ostaškov e i detenuti delle prigioni della Bielorussia e Ucraina occidentali, fatti uccidere su ordine di Iosif Stalin nella foresta di Katyn' e nelle prigioni di Kalinin, Kharkiv e di altre città sovietiche.
La scoperta del massacro, avvenuta mentre Katyn era occupata dalle forze armate tedesche dopo l'Operazione Barbarossa, fu annunciata il 13 aprile 1943 da Radio Berlino, che ne attribuì la responsabilità ai sovietici, mentre in seguito i tedeschi furono accusati di aver compiuto la strage dal pubblico ministero Roman Rudenko durante lo svolgimento del processo di Norimberga[2][3], sebbene la responsabilità fosse in realtà dei sovietici. Stalin, per ritorsione, decise la rottura delle relazioni diplomatiche con il governo polacco in esilio a Londra. Anche dopo la sua morte, l'URSS negò le accuse, forte delle confessioni tedesche rese a Norimberga, fino al 1990, quando riconobbe l'NKVD come responsabile del massacro e della sua copertura.