Monetazione di Salerno

Il Principato longobardo di Salerno intorno al mille raggiungeva il mar Ionio ed includeva tutta l'attuale Basilicata

Con monetazione del Principato di Salerno, ci si riferisce alle monete coniate tra l'839 circa e il 1198, anno in cui l'imperatrice Costanza d'Altavilla soppresse la zecca cittadina.[1] La zecca ebbe origine quando nell'839 Sicardo di Benevento fu assassinato in una congiura ordita dal suo tesoriere e successore Radelchi. Il popolo di Salerno proclamò allora principe il fratello di Sicardo, Siconolfo. Lo scontro fra i due pretendenti durò oltre dieci anni e in questo periodo Siconolfo trasferì a Salerno la capitale del principato beneventano. A seguito dell'istituzione dell'autonomo principato longobardo di Salerno, Siconolfo iniziò a battere solidi d'elettro e denari d'argento sui quali continuava a comparire la dizione princeps benebenti per le pretese al trono avanzate da Siconolfo. Inizialmente, dunque, furono coniati soprattutto i suddetti due tipi monetali, fino al periodo compreso tra l'ascesa al trono di Gisulfo I e la caduta del principato con Gisulfo II, cento anni dopo. In questo periodo iniziarono ad essere coniati tarì d'oro ad imitazione delle monete islamiche circolanti nel sud Italia e nella vicina Amalfi.

Inizialmente questi tarì erano riproduzioni più o meno fedeli degli originali, con legende pseudo cufiche, successivamente sostituite con scritte inneggianti ai sovrani cattolici del principato. Tale scelta era dettata da motivi economici. Da diversi anni, infatti, nell'Italia meridionale circolavano monete bizantine e islamiche come i roba' i degli emiri siciliani e del Nordafrica. Con Gisulfo II inizia la coniazione di follari ai tipi dei modelli bizantini, con il raggiungimento di alti livelli stilistici come per il follaro alle fortificazioni riportante la famosa dicitura Opulenta Salernu. Con la conquista normanna della città continua la coniazione di tarì e follari, con i loro multipli e sottomultipli. La caratteristica della monetazione salernitana è la varietà di tipi monetali, spesso differenti per piccoli dettagli, e la catena di ribattiture che lega molte monete e che, in diversi casi, ci consente una datazione precisa. Gli ultimi signori a battere moneta in città furono gli imperatori svevi Enrico VI e Costanza d'Altavilla, ultima discendente della gloriosa famiglia normanna.

  1. ^ Per le note si rimanda alla bibliografia

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