Morfema

Nella linguistica descrittiva moderna, il morfema è il più piccolo elemento dotato di significato in una parola (o in un enunciato)[1] e si colloca sul piano della prima articolazione. In questo senso, rappresenta l'unità di analisi della morfologia.[2] Questa analisi, detta "analisi morfemica", consiste nell'individuazione di confini tra elementi linguistici e avviene tramite segmentazione.

Essa considera anche le modificazioni fonologiche che avvengono tra i morfemi abbinati.[3] Va considerato che esistono unità minime prive in sé di significato (sono i fonemi) e unità dotate di significato, ma non minime (sono i sintagmi).[3] Nella sua accezione più generale, il termine corrisponde grossomodo al concetto di monema della terminologia linguistica francese, legato al nome del linguista André Martinet[4], e al giorno d'oggi l'ha ormai sostituito[5]. Il termine è stato coniato su fonema, un precedente termine tecnico della linguistica.[2]

  1. ^ Definizione data da Leonard Bloomfield nel 1933 e oggi acquisita in particolar modo nella comunità linguistica nordamericana: "A linguistic form which bears no partial phonetic-semantic resemblance to any other form, is a simple form or morpheme." (Language, p. 161)
  2. ^ a b Beccaria, pp. 514-515.
  3. ^ a b Simone, p. 137.
  4. ^ Il termine è stato introdotto dallo svizzero Henri Frei nel 1941, nel primo numero dei Cahiers Ferdinand de Saussure e ripreso da André Martinet negli Éléments de linguistique générale del 1960 (Grand Larousse de la langue française, Parigi, Larousse, 1989, vol. IV, p. 3357).
  5. ^ Nella definizione di André Martinet il monema per essere tale deve poter essere articolato tramite fonemi; questa definizione ha provocato diverse controversie nella comunità linguistica per stabilire cosa potesse essere e cosa no un monema, tanto che alla fine si è finito per preferire la definizione più generica e meno controversa di "morfema".

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