Morto da Feltre

Autoritratto, Uffizi, Firenze

Morto da Feltre, soprannome forse di Lorenzo Luzzo o Luzzi[1], Pietro Luzzo o Pietro Luci[2][3] (Feltre, 1480 circa – Zara o Venezia, 1527), è stato un pittore italiano operante nell'area della Repubblica di Venezia.

Citato da Giorgio Vasari nelle sue Vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori con il solo soprannome, gli studiosi sono divisi sul reale nome anagrafico dell'artista veneto;[1] è stata anche avanzata l'ipotesi che si tratti di due distinti pittori nati e operanti nell'area veneta nel medesimo periodo storico.[4][5] È conosciuto anche con il soprannome di Zarato o Zaroto, in riferimento al luogo della sua morte o forse perché il padre, chirurgo, lavorava a Zara. È difficile prescindere dalla biografia vasariana che è circostanziata. Il Morto quindi è sicuramente esistito e dipingeva "alla romana". In tutti i secoli trascorsi nessun'altra ipotesi di identificazione in altri pittori che non siano i feltrini Pietro o Lorenzo Luzzo è stata avanzata da nessuno storico dell'arte.

Il soprannome Morto è di origine incerta sulla quale sono state fatte alcune ipotesi. Esso si può collegare al presunto temperamento malinconico del pittore, tuttavia l'ipotesi più accreditata è legata alla testimonianza di Vasari, che narra della sua abitudine di trascorrere molto tempo nei cunicoli sotterranei degli scavi antichi in cerca di "grottesche", ovvero le pitture situate in quelle che popolarmente venivano chiamate "grotte" romane come la Domus Aurea a Roma e la Villa Adriana a Tivoli.

  1. ^ a b Se l'ipotesi che si chiamasse Lorenzo Luzzo (o Luzzi), sostenuta da molti storici e critici (tra i quali va ricordato Lionello Venturi), si basa soprattutto sull'iscrizione 1511 Laurencius Lucius Feltr. Ping ritrovata dietro la tavola della Madonna col Bambino e i santi Stefano e Vittore (iscrizione ritenuta un falso da alcuni studiosi come Giovanni Battista Cavalcaselle), l'artista veneto viene anche riportato con il nome di Pietro Luzzo da molti altri studiosi, come lo storico feltrino Antonio Cambruzzi (Antonio Cambruzzi, Storia di Feltre, Premiata tip. sociale Panfilo Castaldi, 1875), come lo studioso francese André Chastel o lo stesso Giovanni Battista Cavalcaselle (in Storia della Pittura in Italia dal secolo II al secolo XVI, Le Monnier, Firenze 1833). Mentre lo storico lombardo Stefano Ticozzi nel suo Storia dei letterati e degli artisti del Dipartimento della Piave (p. XIII, G. Schiepatti, Milano 1833) chiama il pittore Morto da Feltre con il nome di Pietro Luci (Luzio/Luzzo è in Veneto forma dialettale per Lucio) e il sacerdote feltrino Antonio Vecellio usa l'appellativo di Pietro Lucio (Pietro Lucio o Luzzo detto il Zarotto o il Morto da Feltre, Rovereto 1862).
  2. ^ Pietro Luzzo per lo storico feltrino Antonio Cambruzzi (Antonio Cambruzzi. Storia di Feltre, Pubblicato da Premiata tip. sociale Panfilo Castaldi, 1875), mentre Stefano Ticozzi lo chiama Pietro Luci (Stefano Ticozzi, Storia dei letterati e degli artisti del Dipartimento della Piave, G. Schiepatti, Milano 1833, p. XIII).
  3. ^ Aa.VV., Biblioteca italiana: o sia giornale di letteratura, scienze et arti, compilato da vari letterati, Volume 6, Milano 1817, p. 242.
  4. ^ Lorenzo e Pietro (Luzzo, de Luzo, Lucius), come riportato da Luigi Antonio Lanzi in Storia pittorica della Italia dal risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII (Silvestri, 1823) o da Ralph Nicholson Wornum in The Epochs of Painting: A Biographical and Critical Essay on Painting and Painters of All Times and Many Places (Chapman and Hall, 1864) che ipotizza appartenessero alla stessa famiglia. Anche studi più recenti dello storico dell'arte Sergio Claut dimostrano come dietro le opere attribuite al Morto da Feltre si nasconda in realtà la mano di due distinti pittori.
  5. ^ Giuditta Guiotto crede che si debba tornare agli storici più vicini al pittore e considera il manoscritto di Bonifacio Pasole (1580) e di Antonio Cambruzzi (1680) a tutt'oggi i più validi. Per questi due autori feltrini lo Zarotto è Pietro Luzzo e lui sarebbe l'autore della pala di Maria con S. Vittore e S. Stefano conservata a Berlino. Bonifacio infatti era stato nominato dalla Comunità di Feltre proprio per amministrare l'altare che la custodiva. Non è credibile che, dato il suo incarico e la conseguente dimestichezza con la chiesa in questione, non si fosse mai accorto della firma "Lorenzo...". Inoltre il suo scritto lo avrebbe esposto in caso di errore alle feroci critiche dei suoi contemporanei che ancora avevano memoria storica dei fatti.

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