Musca domestica

Mosca comune
Mosca domestica
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
RamoBilateria
PhylumArthropoda
SubphylumTracheata
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteEndopterygota
SuperordineOligoneoptera
SezionePanorpoidea
OrdineDiptera
SottordineBrachycera
CoorteCyclorrhapha
SezioneSchizophora
SottosezioneCalyptratae
SuperfamigliaMuscoidea
FamigliaMuscidae
SottofamigliaMuscinae
GenereMusca
SpecieM. domestica
Nomenclatura binomiale
Musca domestica
Linnaeus, 1758
Sinonimi
  • Musca contigua Walker, 1853
  • Musca harpyia Harris, 1869
  • Musca vicina Macquart, 1851

La mosca domestica (Musca domestica Linnaeus, 1758) è un insetto dell'ordine dei Ditteri, appartenente alla famiglia dei Muscidi.

È in grado di riprodursi con estrema facilità sia per la capacità di deporre le uova all'interno di qualsiasi materiale di natura biologica in decomposizione, sia per la velocità con cui le larve raggiungono lo stato di individuo adulto, diventando a loro volta capaci di riprodursi in circa dieci giorni. Durante la sua vita, che in condizioni ottimali di cibo e ambiente può variare da 2 a 4 settimane, è in grado di deporre fino a 1000 uova (fino a 500 alla volta, oppure in gruppi da 150-200 ciascuno ogni 3-4 giorni).

L'insetto adulto usa una proboscide raspante per nutrirsi. I cibi solidi vengono prima cosparsi di saliva per essere sciolti e poi succhiati con la proboscide stessa. Sebbene siano mosche domestiche, generalmente confinate alle abitazioni umane, questi insetti possono volare per alcuni chilometri dal luogo in cui sono nate. Sono attive solo durante le ore diurne e di notte riposano negli angoli delle stanze o sospese al soffitto.

La mosca riesce a cogliere il movimento grazie alla particolarità del proprio occhio, che le permette di cogliere in tempo, e quindi evitare, lo scatto di un predatore, che sia un gatto o un uomo. «Risultato: la mosca distingue i lampi di una luce intermittente con frequenza di 250 flash al secondo, mentre l'uomo la percepisce continua, perché l'immagine rimane sulla retina finché la molecola di rodopsina non è ricostituita. Caratteristica, questa, che nella nostra specie ha consentito ai fratelli Lumière la fortunatissima invenzione del cinema».[1]

  1. ^ Maria Luisa Bozzi, Gli sguardi degli animali. Fermati! A me gli occhi, in Specchio della Stampa, n. 97, Torino, 29 novembre 1997, pp. 76-87.

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