Le mutilazioni genitali femminili (MGF), talvolta chiamate escissioni o circoncisioni femminili anche se questa terminologia è ancora fonte di dibattito,[1][2] sono pratiche tradizionali che vengono eseguite in vari paesi con finalità non terapeutiche, e possono ledere fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che vi sono sottoposte. Trovano la loro diffusione in diversi paesi africani, in Indonesia, in Malesia, ma spesso solo presso alcuni gruppi etnici presenti in tali paesi. In Sud America sono praticate tra gli emberá-chamí della Colombia. Le MGF possono risultare eseguite, illegalmente, anche nei paesi in cui gli individui provenienti da tali società siano migrati.[3] Tuttavia, storicamente queste sono state praticate anche in Europa, dove dal XIX al XX secolo si è assistito a interventi di clitoridectomia finalizzati alla cura dell'isteria femminile.[4]
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che siano già state sottoposte alla pratica più di 200 milioni donne e ragazze nel mondo ogni anno di età fra gli 1 e 15 anni[5]. Il 6 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili.
Le pratiche di mutilazioni genitali, eseguite e tramandate dalle donne più anziane del gruppo, rientrano nell'ambito del controllo socioculturale del corpo femminile da parte delle comunità stesse.[6] Non è possibile sottrarvisi, pena l'esclusione e l'ostracizzazione della bambina (e futura donna) dal gruppo stesso, nonché l'impossibilità di trovare un marito, fattore essenziale per il suo mantenimento e la sua sopravvivenza futuri. Tali pratiche si configurano come atto di estrema misoginia delle società patriarcali che le esprimono poiché non solo negano il piacere sessuale alle donne (riservandolo così ai soli uomini), ma creano loro anche problemi fisici di varia gravità.[7]
Le pratiche di circoncisione genitale sono invasive, non necessarie, pericolose, dolorose e assai traumatiche, poiché vengono recise parti sane dell'apparato riproduttivo femminile, cosa che può portare facilmente a complicazioni di natura igienico-sanitaria nel breve e lungo periodo e, nei casi più estremi, alla morte per dissanguamento o shock. Le mutilazioni sono praticate per scopi religiosi e tradizionali, affinché le giovani crescano controllabili, remissive e sottomesse, quindi risultino accettate all'interno del gruppo sociale di cui sono parte al fine di conservarlo.[8]