«Il Neoclassicismo è una corrente del gusto che ha subito una lunga elaborazione teorica prima di nascere completamente nella breve e intensa fioritura dello stile Impero, dopodiché è piano piano scomparso sotto l'azione dei fermenti romantici che recava in sé fin dalle origini. È equivalente al classicismo in musica.»
Il Neoclassicismo è una tendenza artistica e letteraria a cavallo tra il '700 e l'800. Nata come reazione al tardo barocco e al rococò e ispiratasi all'arte antica, in particolar modo quella greco-romana, fu variamente caratterizzata, ma ben riconoscibile nelle varie arti, nella letteratura, in campo teatrale, musicale e nell'architettura.
La sua teorizzazione prese vita a Roma con gli scritti dell'archeologo e storico dell'arte Johann Joachim Winckelmann e del pittore e storico dell'arte Anton Raphael Mengs, mentre la costituzione di tale modello si ebbe soprattutto grazie alle scoperte e agli scavi delle antiche città di Ercolano e Pompei, alla formazione dell'archeologia come scienza e alla diffusione di pubblicazioni sulle antichità greche.[2][3]
Sotto il pontificato di Pio VI nella città eterna dominava quindi un'esaltazione classicista che si esprimeva in un gusto monumentale e fastoso con l'illusione «di un nuovo Rinascimento alla Roma dei papi e, nel contempo, a celare dietro una splendida facciata i problemi reali dello Stato, dall'arretratezza economica, al disordine amministrativo, al nepotismo, alla fame e alle piaghe popolari».[4] Secondo Carlo Muscetta «Winkelman e Mengs, l'abate Zanotti e l'abate MIlizia furono i teorici di questo classicismo o piuttosto controclassicismo, archeologico e platonizzante, destinato ad edulcorare il neoclassicismo di contenuto illuministico e a ostacolare il progresso verso un'arte moderna».[5]