Con notte dei poeti assassinati (in russo: Дело Еврейского антифашистского комитета, "Il caso del Comitato Ebraico Antifascista"; in yiddish: הרוגי מלכות פונעם ראטנפארבאנד, "I martiri dell'Unione Sovietica") si intende l'esecuzione di tredici ebrei sovietici avvenuta nella prigione della Lubjanka a Mosca il 12 agosto 1952, nel contesto dell'antisemitismo in Unione Sovietica, che ebbe il suo picco appunto negli ultimi anni di Stalin (vedi complotto dei medici).[1][2][3]
Gli arresti vennero effettuati nel mese di settembre del 1948 e nel giugno 1949. Tutti gli imputati vennero falsamente accusati di spionaggio e tradimento (come ammesso dagli stessi sovietici dopo la morte di Stalin),[4] così come di molti altri crimini. Dopo il loro arresto vennero torturati, picchiati, e isolati per tre anni prima di essere formalmente accusati.[4] Tra gli imputati vi erano cinque scrittori yiddish, i quali facevano parte del Comitato Ebraico Antifascista (Jewish Anti-Fascist Committee, JAC), un comitato ebraico che aveva sostenuto l'Unione Sovietica contro la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale,[5] ma venne poi mal visto da molti nelle gerarchie sovietiche.[6]