Occupazione dei paesi baltici

Poster del 1989 - ricavato da un fumetto di mezzo secolo prima - che stigmatizza il patto Molotov-Ribbentrop e auspica l'indipendenza delle repubbliche baltiche.

Con occupazione dei paesi baltici ci si riferisce all'insediamento militare in Estonia, Lettonia e Lituania da parte dell'Unione Sovietica avvenuto di concerto ai contenuti del patto Molotov-Ribbentrop del 1939 nel giugno 1940.[1][2]

Le tre repubbliche baltiche furono poi annesse all'URSS come repubbliche socialiste nell'agosto 1940, anche se la maggior parte delle potenze e delle nazioni occidentali non riconobbe mai l'incorporazione come legittima.[3][4] Il 22 giugno 1941, la Germania nazista dichiarò guerra all'URSS e, nel giro di poche settimane, occupò i territori baltici. Nel luglio 1941, il Terzo Reich incorporò le regioni appena conquistate nel Reichskommissariat Ostland: l'autorità tedesca perdurò fino a quando l'Armata Rossa non avanzò verso ovest del 1944, ma alcune truppe della Wehrmacht e dei loro collaborazionisti rimasero bloccati nella sacca di Curlandia lasciando l'area solo al termine della guerra, nel maggio del 1945.[5] L'incorporazione sovietica (in tedesco: Annexionsbesetzung) o occupazione sui generis[6][7] degli Stati baltici durò fino all'agosto 1991, quando i tre paesi riottennero la propria indipendenza.

I governi in esilio dei baltici e quelli indipendenti attivi dopo il 1991[8][9], gli Stati Uniti[10][11] e i tribunali nazionali,[12] il Parlamento europeo,[13][14][15] la Corte europea dei diritti dell'uomo[16] e il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite[17] hanno tutti affermato che Estonia, Lettonia e Lituania furono invase, occupate e incorporate in maniera contraria al diritto internazionale nell'Unione Sovietica in base alle disposizioni del patto Molotov-Ribbentrop del 1939. Alla prima parentesi sovietica, seguì dunque in sintesi l'occupazione della Germania dal 1941 al 1944 e poi una seconda durata dal 1944 al 1991.[18][19][20][21][22][23][24] Sulla scia di tale politica di non riconoscimento, si è sviluppata la teoria della continuità giuridica, secondo cui gli Stati baltici non cessarono mai de iure di esistere tra il 1940 e il 1991.[8][25][26]

Nel periodo di rivalutazione della storiografia sovietica iniziato durante la perestrojka nel 1989, Mosca condannò il protocollo segreto del 1939 approvato con Berlino.[27][28] Ciononostante, l'Unione Sovietica non ha mai considerato ufficialmente la sua presenza nei paesi baltici alla stregua di un'occupazione o di un'incorporazione forzata,[29] sostenendo che la RSS Estone, Lettone e Lituana chiesero di propria volontà di unirsi a Mosca. La RSFS Russa classificò nel 1991 gli eventi accaduti nel 1940 come "annessione".[30] I revisionisti storici[31] russi e i libri di testo scolastici continuano a sostenere, sulla scia della posizione assunta in epoca sovietica, che negli Stati baltici si verificarono delle rivoluzioni socialiste orchestrate dai popoli locali in maniera del tutto estranea all'influenza di altre potenze.[32]

La Federazione Russa, Stato successore dell'URSS, e i suoi funzionari statali insistono sul fatto che le procedure di accorpamento delle tre repubbliche fosse avvenuta in maniera conforme al diritto internazionale[33][34] e che esse (le procedure) ottennero il riconoscimento de iure negli accordi stipulati nel febbraio 1945 a Jalta, nel luglio-agosto del 1945 alla Potsdam e in ultimo, negli Accordi di Helsinki del 1975,[35][36] i quali dichiaravano l'inviolabilità delle frontiere fisicamente esistenti.[37] La Russia accettò poi la richiesta dei membri già partecipanti di "assistere le persone deportate dagli Stati baltici occupati" al momento dell'adesione al Consiglio d'Europa nel 1996.[38][39][40] Inoltre, quando la RSFS Russa firmò un trattato separato con la Lituania nel 1991, riconobbe in maniera espressa che l'annessione del 1940 violò la sovranità lituana e riconobbe la continuità de iure dello Stato lituano.[41][42]

La maggior parte dei governi occidentali sosteneva che la sovranità baltica non fosse scomparsa[43] e quindi continuò a riconoscere gli Stati baltici come entità politiche sovrane rappresentate dalle legazioni - nominate dai governi operanti prima del 1940 - che operavano a Washington DC e altrove.[44][45] Estonia, Lettonia e Lituania recuperarono de facto l'indipendenza nel 1991 durante le fasi di dissoluzione dell'Unione Sovietica; la Russia iniziò a ritirare le truppe presenti nella regione geografica (a partire dalla Lituania) nell'agosto 1993, con il ritiro completo terminato esattamente dodici mesi più avanti.[46] La Russia ha ufficialmente concluso la sua presenza militare sul posto nell'agosto 1998 disattivando la stazione radar Skrunda-1 operativa in Lettonia. Le installazioni smantellate furono rimpatriate in Russia e il sito tornò sotto il controllo lettone, con l'ultimo soldato russo che lasciò il suolo baltico nell'ottobre 1999.[47][48]

  1. ^ Giuseppe Motta, Le minoranze nel XX secolo: dallo stato nazionale all'integrazione europea, FrancoAngeli, 2006, p. 80, ISBN 978-88-46-48129-0.
  2. ^ Simon Sebag Montefiore, I discorsi che hanno cambiato il mondo, Edizioni White Star, p. 100, ISBN 978-88-54-01824-2.
  3. ^ (EN) Robert B. Kaplan e Richard B. Baldauf, Language Planning and Policy in Europe: The Baltic States, Ireland and Italy, Multilingual Matters, 2005, p. 79, ISBN 978-18-47-69028-9.
    «La maggior parte dei paesi occidentali non aveva riconosciuto l'incorporazione degli Stati baltici nell'Unione Sovietica, una posizione che irretì i sovietici senza mai diventare un punto di attrito invalicabile»
  4. ^ (EN) Congresso degli USA, Baltic States, 3ª ed., W.S. Hein, 1972.
    «L'occupazione militare forzata e la successiva annessione degli Stati baltici da parte dell'Unione Sovietica rimane ancora oggi [lo scritto è del 1972] una delle gravi questioni irrisolte del diritto internazionale»
  5. ^ Mario Gozzoli, Popoli al bivio: movimenti fascisti e resistenza nella II guerra mondiale, Ritter, 2006, p. 195.
  6. ^ Mälksoo, p. 193.
  7. ^ (EN) Tanel Kerikmäe et al., The Law of the Baltic States, Springer, 2017, p. 43, ISBN 978-33-19-54478-6.
  8. ^ a b (EN) Andre Nollkaemper, August Reinisch, Ralph Janik e Florentina Simlinger, International Law in Domestic Courts: A Casebook, Oxford University Press, 2019, p. 73, ISBN 978-01-98-73974-6.
  9. ^ (EN) =22 September 1944: From One Occupation to Another, su eesti.ca, 23 settembre 2008. URL consultato il 17 settembre 2020.
  10. ^ (EN) U.S.-Baltic Relations: Celebrating 85 Years of Friendship, su state.gov. URL consultato il 26 marzo 2020.
  11. ^ Oona A. Hathaway e Scott J. Shapiro, Gli internazionalisti: Come il progetto di mettere al bando la guerra ha cambiato il mondo, Neri Pozza Editore, p. 509, ISBN 978-88-54-51781-3.
  12. ^ (EN) E. Lauterpacht, International Law Reports, Cambridge University Press, 1967, p. 62, ISBN 978-05-21-46380-5.
    «La Corte ha dichiarato: (256 N.Y.S.2d 196): "Il Governo degli Stati Uniti non ha mai riconosciuto l'occupazione dell'Estonia e della Lettonia avvenuta con la forza da parte dell'Unione Sovietica delle Repubbliche Socialiste, né riconosce l'incorporazione della Lettonia e dell'Estonia nell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La legalità degli atti, delle leggi e dei decreti dei regimi fantoccio istituiti in quei paesi dall'URSS non è riconosciuta dagli Stati Uniti, dai funzionari diplomatici o consolari che operano come governo in esilio"»
  13. ^ (EN) Parlamento europeo, Mozione per una risoluzione sulla situazione in Estonia, su europarl.europa.eu. URL consultato il 26 marzo 2020.
  14. ^ (EN) Risoluzione sulla situazione in Lituania, Lettonia ed Estonia, su upload.wikimedia.org. URL consultato il 26 marzo 2020.
  15. ^ (EN) Renaud Dehousse, The International Practice of the European Communities: Current Survey (PDF), su ejil.org. URL consultato il 26 marzo 2020.
  16. ^ (EN) Jukka Rislakki, The case for Latvia: disinformation campaigns against a small nation, Rodopi, 2008, p. 156, ISBN 978-90-420-2424-3.
  17. ^ (EN) Security Council (PDF), su tilburgmun.com, pp. 6-8. URL consultato il 2 settembre 2020.
  18. ^ (EN) Kevin O'Connor, The history of the Baltic States, Greenwood Publishing Group, 2003, p. 24, ISBN 978-03-13-32355-3.
  19. ^ (EN) Raymond L. Garhoff, Soviet Military Doctrine, Pickle Partners Publishing, 2019, p. 872, ISBN 978-17-89-12347-0.
  20. ^ (EN) Lars Fredrik Stöcker, Bridging the Baltic Sea: Networks of Resistance and Opposition during the Cold War Era, Lexington Books, 2017, p. 35, ISBN 978-14-98-55128-1.
  21. ^ (EN) George J. Neimanis, The Collapse of the Soviet Empire: A View from Riga, Greenwood Publishing Group, 1997, p. 33, ISBN 978-02-75-95713-1.
  22. ^ (EN) Katrin Elborgh-Woytek e Julian Berengaut, Who is Still Haunted by the Specter of Communism?, Fondo Monetario Internazionale, 2005, p. 14, ISBN 978-14-51-90623-3.
  23. ^ (EN) Walter C. Clemens, The Baltic Transformed: Complexity Theory and European Security, Rowman & Littlefield, 2001, p. 11, ISBN 978-08-47-69859-2.
  24. ^ (EN) Anna Verschik, Emerging Bilingual Speech: From Monolingualism to Code-Copying, A&C Black, 2011, p. 37, ISBN 978-14-41-14028-9.
  25. ^ (EN) Brigitte Stern, Dissolution, Continuation, and Succession in Eastern Europe, Martinus Nijhoff Publishers, 1998, p. 21, ISBN 978-90-41-11083-1.
  26. ^ (EN) Milena Sterio, The Right to Self-determination Under International Law, Routledge, 2013, p. 37, ISBN 978-04-15-66818-7.
  27. ^ Ziemele, p. 317.
  28. ^ (EN) S.A. Smith, The Oxford Handbook of the History of Communism, OUP Oxford, 2014, p. 214, ISBN 978-01-91-66752-7.
  29. ^ Marek, p. 396: "Poiché l'Unione Sovietica sostiene che non si tratta di territori direttamente annessi, ma di enti autonomi con una propria volontà giuridica, essi (le RSS baltiche) devono essere considerate creazioni fantoccio, esattamente nello stesso modo in cui è stato classificato come tale il Protettorato italiano dell'Albania".
  30. ^ (EN) Russia examines 1991 recognition of Baltic independence, su BBC News, 30 giugno 2015. URL consultato il 17 settembre 2020.
  31. ^ (EN) Eva-Clarita Pettai, Memory and Pluralism in the Baltic States, Routledge, 2014, p. 139, ISBN 978-13-17-97970-8.
  32. ^ (EN) Elizabeth A. Cole, Teaching the Violent Past: History Education and Reconciliation, Rowman & Littlefield, 2007, pp. 233-234, ISBN 978-07-42-55143-5.
  33. ^ (EN) Janusz Bugajski, Cold Peace: Russia's New Imperialism, Greenwood Publishing Group, 2004, p. 109, ISBN 978-02-75-98362-8.
    «I funzionari russi continuano a sostenere che gli Stati baltici sono entrati nell'URSS volontariamente e legalmente alla fine della seconda guerra mondiale e non hanno riconosciuto che l'Estonia, la Lettonia e la Lituania sono state sotto l'occupazione sovietica per cinquant'anni»
  34. ^ (EN) Dick Combs, Inside the Soviet Alternate Universe: The Cold War's End and the Soviet Union's Fall Reappraised, Penn State Press, 2010, pp. 258-259, ISBN 978-02-71-04725-6.
    «L'amministrazione Putin si è ostinatamente rifiutata di ammettere l'occupazione sovietica della Lettonia, della Lituania e dell'Estonia dopo la seconda guerra mondiale. Putin ha riconosciuto che nel 1989, durante il mandato di Gorbačëv, il parlamento sovietico ha denunciato ufficialmente il patto Molotov-Ribbentrop del 1939, atto che ha portato all'incorporazione dei tre Stati baltici nell'URSS»
  35. ^ Ministero degli Esteri russo: l'Occidente ha riconosciuto i paesi baltici come parte dell'URSS, su graniru.org, 5 luglio 2005. URL consultato il 17 settembre 2020.
  36. ^ Commento del Dipartimento per l'informazione e la stampa del ministero degli Esteri russo sul "non riconoscimento" dell'adesione delle repubbliche baltiche all'URSS [collegamento interrotto], su mid.ru, 5 luglio 2005. URL consultato il 17 settembre 2020.
  37. ^ Stanislav Jeannesson, La guerra fredda, Donzelli Editore, 2003, p. 77, ISBN 978-88-79-89765-5.
  38. ^ Ziemele, p. 157.
  39. ^ (EN) Assemblea parlamentare, Opinione 193/1996 sulla richiesta di partecipazione della Russia al Consiglio d'Europa, su assembly.coe. URL consultato il 17 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 7 maggio 2011).
  40. ^ (EN) Assemblea parlamentare, Risoluzione 1455/2005 sull'onorare gli obblighi e gli impegni della Federazione Russa, su assembly.coe. URL consultato il 17 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 1º aprile 2009).
  41. ^ Ziemele, p. 116.
  42. ^ (EN) Treaty between the Russian Soviet Federated Socialist Republic and the Republic of Lithuania on the Basis for Relations between States (PDF), su lfpr.lt. URL consultato il 17 settembre 2020 (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2011).
  43. ^ (EN) George Ginsburgs et al., International and National Law in Russia and Eastern Europe, Martinus Nijhoff Publishers, 2001, p. 327, ISBN 978-90-41-11654-3.
  44. ^ (EN) David Crowe, The Baltic States And The Great Powers: Foreign Relations, 1938-1940, Avalon Publishing, 1993, p. 178, ISBN 978-08-13-30481-6.
  45. ^ (EN) I. Joseph Vizulis e Izidors Vizulis, The Molotov-Ribbentrop Pact of 1939: The Baltic Case, Praeger, 1990, p. 145, ISBN 978-02-75-93456-9.
  46. ^ (EN) Baltic Military District, su globalsecurity.org. URL consultato il 17 settembre 2020.
  47. ^ (EN) Decisione n.337: conclusione ufficiale del mandato del rappresentante OCSE presso il comitato congiunto per la stazione radar di Skrunda (PDF), su OCSE. URL consultato il 17 settembre 2020.
  48. ^ Carolyn Bain, Estonia, Lettonia e Lituania, EDT srl, 2009, p. 27, ISBN 978-88-60-40463-3.

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