Olocausto in Italia

L'Olocausto in Italia nel suo contesto europeo. I diversi colori mostrano la percentuale della popolazione ebraica distrutta partendo da quella prebellica esistente. Gli ebrei abitanti in Germania e nei Paesi dell'est come si nota dal colore più scuro furono i più colpiti con un numero di vittime che rasentò il 90% della popolazione ebraica precedentemente esistente. In Italia lo storico Michele Sarfatti calcola che circa 7.500 ebrei italiani persero la vita; ovvero il 13% dei 58.412 cittadini italiani di "razza ebraica o parzialmente ebraica"

L'Olocausto in Italia (la Shoah italiana) si colloca all'interno di un fenomeno di genocidio di ben più vaste proporzioni che attraverso misure di persecuzione razziale e politica di pulizia etnica, messe in atto dal regime nazista del Terzo Reich e dai loro alleati tra il 1933 e il 1945, portò alla discriminazione e quindi all'eliminazione fisica di 15-17 milioni di vittime, tra cui 6 milioni di ebrei europei.

Nel suo articolarsi la Shoah degli ebrei ha avuto in Italia tratti e sviluppi originali, svolgendosi in due fasi distinte. Il periodo tra il settembre 1938 e il 25 luglio 1943 fu il periodo in cui in Italia si attuò la “persecuzione dei diritti degli ebrei” o "persecuzione giuridica degli ebrei" sotto il regime fascista, cui seguì la “persecuzione delle vite degli ebrei” o "persecuzione fisica degli ebrei", dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, sotto l’occupazione nazista e la Repubblica sociale italiana. Le persecuzioni riguardarono anche altre minoranze etniche. [1] Circa 7.500 ebrei italiani persero la vita; ovvero il 13% dei 58.412 cittadini italiani di "razza ebraica o parzialmente ebraica" censiti nel 1938.[2] Grandi rastrellamenti ad opera dell'esercito tedesco avvennero già nei primi mesi di occupazione, come nel caso del rastrellamento del ghetto di Roma il 16 ottobre 1943.

Nel perseguitare gli ebrei, i nazisti ebbero scarsa collaborazione di funzionari e poliziotti della RSI su cui, a partire dal 30 novembre 1943, cadde parte della responsabilità degli arresti. I nazisti si occuparono anche della gestione dei trasporti dal Campo di concentramento di Fossoli (o la Risiera di San Sabba, che svolse anche in proprio funzioni di campo di sterminio [3][4]) al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, luogo fisico degli eccidi.

Gli ebrei perseguitati poterono però contare in Italia su una omertà diffusa e sull'attiva solidarietà non solo di singoli individui ma anche di organizzazioni clandestine di resistenza come la DELASEM e di settori significativi della Chiesa cattolica e persino di molti fascisti, solidarietà che si dimostrò capace di offrire una protezione efficace a migliaia di ricercati fino alla Liberazione o di favorire la loro emigrazione clandestina in Svizzera. A questo si deve il fatto che i nazisti non riuscirono ad arrestare la stragrande parte degli ebrei italiani.

  1. ^ Michele Sarfatti, La persecuzione degli ebrei in Italia (PDF), su archivio.pubblica.istruzione.it.
  2. ^ Liliana Picciotto Fargion, Il libro della memoria: gli ebrei deportati dall'Italia, 1943-1945, Milano, Mursia, 2011.
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