I crimini contro la nazione polacca commessi dalla Germania nazista e dalle forze collaborazioniste dell'Asse durante l'invasione della Polonia,[1] insieme ai battaglioni ausiliari durante la successiva occupazione della Polonia nella seconda guerra mondiale,[2] consistevano nell'assassinio di milioni di polacchi etnici e nello sterminio sistematico degli ebrei polacchi. I tedeschi giustificarono questi genocidi sulla base della teoria razziale nazista, che considerava i polacchi e gli altri popoli slavi come razzialmente inferiori, Untermensch dipinge gli ebrei come una minaccia costante. Nel 1942, i nazisti tedeschi stavano attuando il loro piano per uccidere ogni ebreo nell'Europa occupata dai tedeschi: avevano sviluppato dei piani per eliminare il popolo polacco attraverso gli omicidi di massa, la pulizia etnica, la schiavitù e lo sterminio, attraverso il lavoro ed anche tramite l'assimilazione, nell'identità tedesca, di una piccola minoranza di polacchi ritenuta "razzialmente preziosa". Durante la seconda guerra mondiale, i tedeschi non solo uccisero milioni di polacchi (ebrei e non), ma pulirono etnicamente altri milioni di persone attraverso la deportazione forzata per fare spazio ai coloni tedeschi "razzialmente superiori", ad esempio tramite il Generalplan Ost ed il Lebensraum.
Si stimano periti nel genocidio circa 3 milioni di ebrei polacchi[3] e quasi 2 milioni di polacchi non ebrei.[4][5] Questo numero di morti estremamente elevato e l'assenza di sostanziali morti civili non ebrei nei paesi europei occupati "razzialmente superiori" come la Danimarca e la Francia, attestano le politiche di genocidio della Germania dirette contro i polacchi.[6]
Le politiche di genocidio del piano di colonizzazione del governo tedesco, il Generalplan Ost, furono il modello per i crimini di guerra tedeschi ed i crimini contro l'umanità commessi contro la nazione polacca dal 1939 al 1945.[7] Il piano generale nazista prevedeva l'espulsione e lo sterminio di massa di circa il 85% (oltre 20 milioni) dei cittadini etnicamente polacchi, il restante 15 per cento da trasformare in lavoro forzato.[8] Nel 2000, con un atto del Parlamento polacco, è stata affidata la diffusione delle conoscenze sui crimini nazisti tedeschi e stalinisti in Polonia durante la seconda guerra mondiale all'Istituto della Memoria Nazionale, che era stato istituito a Varsavia nel 1998.[9][10]
Dall'inizio della guerra contro la Polonia, la Germania intendeva realizzare il piano di Adolf Hitler, esposto nel suo libro Mein Kampf, di acquisire lo "spazio vitale ", il Lebensraum, ad est per un massiccio insediamento di coloni tedeschi.[2][11] Il piano di Hitler combinava l'imperialismo classico con l'ideologia razziale nazista.[12] Il 22 agosto 1939, poco prima dell'invasione della Polonia, Hitler diede il permesso esplicito ai suoi comandanti di uccidere "senza pietà o rimorso, tutti gli uomini, le donne ed i bambini di origine o lingua polacca".[13][14]
La pulizia etnica doveva essere condotta sistematicamente contro il popolo polacco. Il 7 settembre 1939, Reinhard Heydrich dichiarò che tutti i nobili, il clero e gli ebrei polacchi dovevano essere uccisi.[15] Il 12 settembre, Wilhelm Keitel aggiunse all'elenco l'intellighenzia polacca. Il 15 marzo 1940, il capo delle SS Heinrich Himmler dichiarò: "Tutti gli specialisti polacchi saranno sfruttati nel nostro complesso militare-industriale. in seguito, tutti i polacchi scompariranno da questo mondo. È imperativo che la grande nazione tedesca consideri l'eliminazione di tutti i polacchi come suo compito principale».[16] Alla fine del 1940, Hitler confermò il piano per liquidare "tutti gli elementi di spicco in Polonia".[15]
Dopo che la Germania perse la guerra, il Tribunale militare internazionale al processo di Norimberga e il Tribunale nazionale supremo della Polonia conclusero che l'obiettivo della politica tedesca in Polonia, ossia lo sterminio di polacchi ed ebrei, aveva "tutte le caratteristiche del genocidio nel significato biologico di questo termine."[17][18]
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