Pietro Bembo cardinale di Santa Romana Chiesa | |
---|---|
Tiziano Vecellio, Ritratto di Pietro Bembo (1539); olio su tela, 94,5x76,5 cm, National Gallery of Art, Washington | |
Incarichi ricoperti |
|
Nato | 20 maggio 1470 a Venezia |
Ordinato presbitero | 1539 |
Creato cardinale | 20 dicembre 1538 da papa Paolo III |
Pubblicato cardinale | 10 novembre 1539 da papa Paolo III |
Deceduto | 18 gennaio 1547 (76 anni) a Roma |
Pietro Bembo (Venezia, 20 maggio 1470 – Roma, 18 gennaio 1547) è stato un cardinale, scrittore, grammatico, poeta e umanista italiano.
Appartenente a una nobile famiglia veneziana, fin dalla gioventù Pietro Bembo ebbe modo di costruirsi una solida formazione e reputazione letteraria grazie ai contatti con l'ambiente paterno e in seguito all'amicizia con Ludovico Ariosto, con Baldassarre Castiglione[1] e alla consulenza per Aldo Manuzio. Il suo merito principale fu quello di contribuire in maniera significativa alla «codificazione dell'italiano scritto», uniformato al modello boccacciano, nell'opera che più di tutte lo ha reso famoso, «la grammatica più importante dell'intera storia dell'italiano», ossia le Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua (1525)[2]. Parimenti decisivo fu il suo ruolo nella diffusione in tutta Europa del modello poetico petrarchista, legato a rime amorose dal sapore platonicheggiante a Maria Savorgnan e a Lucrezia Borgia. Stimato scrittore e poeta anche in lingua latina, dopo una vita avventurosa tra le varie corti italiane fu alla fine nominato cardinale nel 1539 da papa Paolo III, morendo a Roma nel 1547.