Plinio il Giovane

Plinio il Giovane
(Gaio Plinio Cecilio Secondo)
Console dell'Impero romano
Statua di Plinio il Giovane sulla facciata della Cattedrale di Santa Maria Assunta (Duomo) a Como, in Italia
Nome originaleGaio Cecilio (alla nascita)
Gaio Plinio Cecilio Secondo (dopo l'adozione)
Nascita61[1][2] o 62[1][2]
Como[1][2] (Novum Comum[2])
Morte114 circa[1][2]
in Bitinia[1][2] o a Roma[1]
Coniuge1ª: Giovane donna dell'alta borghesia romana morta nel 90[2]
2ª: Calpurnia[1][2]
GensCecilia
Gens d'adozionePlinia
PadreLucio Cecilio Cilone[1][2]
MadrePlinia, sorella di Plinio il Vecchio[1][2]
Pretura93[1] o 95[1]
Consolato100[1][2]
Legatus Augusti pro praetoredal 111 al 112[1][2], come governatore della provincia di Bitinia e Ponto[1]

Gaio Plinio Cecilio Secondo, nato Gaio Cecilio (in latino Gaius Plinius Caecilius Secundus[1]; Novum Comum, 61 o 62[1][2]Bitinia o forse Roma, 114 circa[1][2]), è stato un avvocato, scrittore e magistrato romano, conosciuto come Plinio il Giovane[1][2] per distinguerlo dallo zio materno Plinio il Vecchio: lo zio lo adottò dopo la morte del padre, gli diede il proprio nome e si occupò della sua educazione[2].

Autore di varie opere, della sua produzione ci sono pervenuti il Panegirico di Traiano[1][2] (Traianii laudatio) e un epistolario in X libri[1][2] (Epistularum libri X). La prima opera è un discorso di ringraziamento (gratiarum actio) in XCV paragrafi, scritto dopo la sua elezione a console, con cui celebra l'optimus princeps Traiano tracciandone un ritratto di uomo ideale e di sovrano perfetto. La seconda opera, invece, è una raccolta di 371 lettere in X libri, di cui IX sono costituiti da 247 lettere inviate a vari amici[1][2], mentre il X contiene la corrispondenza imperiale con Traiano (72 lettere + 50 lettere di risposta[1]), prevalentemente quella tenuta durante il governo di Bitinia e Ponto[1]; l'opera ha un grande valore in quanto è uno dei pochi documenti sopravvissuti che riguardano la relazione tra l'ufficio imperiale e i governatori provinciali. In particolare, la lettera 96 è l'unico documento ufficiale pervenutoci del comportamento delle autorità romane nei confronti dei cristiani[1].

Plinio fu anche amico dello storico Publio Cornelio Tacito[1][2], del tre volte console Lucio Giulio Urso Serviano e del biografo Gaio Svetonio Tranquillo[1][2], in particolare quest'ultimo diede la sua protezione per entrare nella corte di Traiano.

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z Plinio il Giovane, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 13 maggio 2018. Modifica su Wikidata
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u Marco Galdi, PLINIO il Giovane, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935. URL consultato il 13 maggio 2018. Modifica su Wikidata

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