Proteste in Turchia del 2013 | |||
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Data | 28 maggio 2013 - 30 agosto 2013 | ||
Luogo | Turchia: Istanbul, Ankara, Smirne, Bursa, Samsun, Edirne, Kayseri, Isparta, Adana, Sivas, Eskişehir, Antalya, Diyarbakır, Giresun e altre grandi città | ||
Causa | Progetti edilizi nel parco di Gezi | ||
Schieramenti | |||
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11 morti, 8.163 feriti e intossicati, oltre 4.900 arrestati | |||
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Le proteste in Turchia del 2013 sono una serie di manifestazioni di dissenso contro il governo di Recep Tayyip Erdoğan, avvenute tra il 28 maggio 2013 e il 30 agosto 2013.
Le proteste hanno avuto origine da un sit-in di una cinquantina di persone che manifestavano contro la costruzione di un centro commerciale al posto del parco di Gezi a Istanbul. Tale protesta ha avuto risonanza nazionale dopo che i manifestanti sono stati attaccati dalla polizia e ciò ha amplificato il motivo del dissenso verso istanze politiche più generali, dando infine vita a manifestazioni in tutto il Paese represse violentemente dal governo. L'indignazione causata da un uso sproporzionato della forza nei riguardi di un movimento essenzialmente pacifico, ha esteso il dissenso oltre i confini nazionali, con manifestazioni contro Erdoğan in paesi di tutto il mondo e la critica della comunità internazionale espressa anche per vie ufficiali, come nel caso dell'Unione europea, dell'ONU e degli Stati Uniti.
Le squadre antisommossa impiegate dal governo si sono contraddistinte per la brutalità degli interventi, con uso massiccio di spray al peperoncino su persone inermi, lanci di gas lacrimogeno ad altezza d'uomo e l'aggiunta di urticanti all'acqua dei TOMA, i camion muniti di idranti.
I manifestanti erano caratterizzati da una forte eterogeneità ideologica. In piazza scesero attivisti kemalisti, ambientalisti, socialisti, comunisti, anarchici, libertariani, femministi, attivisti per i diritti LGBT, nazionalisti e islamisti anticapitalisti, nonché numerose associazioni calcistiche quali l'UltrAslan e il Çarşı e associazioni politiche e sindacali. I protestanti non furono uniti da una leadership organizzata, anche se le fazioni alevite giocarono un ruolo fondamentale; gran parte dei manifestanti erano infatti aleviti, tanto che essi componevano il 78% degli arrestati.[1]
La stragrande maggioranza dei partecipanti alle proteste era composto da giovani. Il 56% degli arrestati aveva tra i 18 e i 25 anni, il 26% tra i 26 e i 30 anni. Solo l'1% degli arrestati era ultraquarantenne. Metà erano donne. Il 25% era laureato e un ulteriore 36% era costituito da studenti universitari.[1]
Il bilancio fu di 11 morti e oltre 8.163 feriti, rendendolo uno degli avvenimenti più drammatici della storia della Turchia moderna. Numerosissimi anche gli arresti, con blitz per arrestare avvocati e medici che assistevano i manifestanti. Secondo fonti governative, più di 900 persone sono state prese in custodia, in più di 90 manifestazioni in 48 province.