Rocco Lo Presti

Rocco Lo Presti

Rocco Lo Presti, all'anagrafe Rocco Lopresti, conosciuto come " Roccu u Maneja " a Marina di Gioiosa Ionica, suo paese di origine (Marina di Gioiosa Ionica, 6 maggio 1937Torino, 23 gennaio 2009), è stato un mafioso italiano.

Storico boss mafioso di Bardonecchia e della Val di Susa, è stato il padrino della 'Ndrangheta in Piemonte e il primo mafioso inviato al soggiorno obbligato nel nord Italia[1][2]. Ha rappresentato una parte di storia della criminalità organizzata in Piemonte, insieme alle famiglie gioiosane della 'Ndrangheta dei Belfiore, degli Ursino e dei Mazzaferro. Il cognome di Lo Presti ha segnato per cinquant'anni Bardonecchia e la Val di Susa[3]. Sempre sulle prime pagine dei giornali, è stato il nome più conosciuto della Val di Susa. Lo Presti ha passato l'intera vita, a difendersi da ogni tipo di accusa e dai continui attacchi da parte della magistratura. Accuse delle quali è sempre riuscito a dimostrare la propria innocenza, avendo avuto i migliori avvocati del Foro di Torino[senza fonte] tra i quali anche il Presidente del Consiglio Nazionale Forense, prof. Aldo Casalinuovo[4]. È sempre uscito indenne dalle maggiori inchieste di mafia in Piemonte[5][6]. Imparentato con la famiglia mafiosa dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, di cui ne è stato anche l'esponente di maggior rilievo, fu mandato in soggiorno obbligato a Bardonecchia nel 1963, facendo della cittadina subalpina il suo feudo[7][8]. Il suo nome è legato a doppio filo con quello della famiglia Mazzaferro. Con i cugini Vincenzo, Giuseppe e Francesco Mazzaferro emigra da giovane a Torino in cerca di fortuna. Assieme al cugino "Don Ciccio" Francesco Mazzaferro ha avuto l'egemonia sul territorio della Val di Susa[9][10]. Bardonecchia è la cittadina che gli ha fatto costruire la sua fama di boss della 'Ndrangheta, il paese dove, a giudicare dalle attività messe in piedi dalla sua famiglia, Lo Presti ha fatto fortuna: quel cognome non se lo scrollerà di dosso ancora per tanti anni. Se per molti italiani, Bardonecchia e la Val di Susa è uguale a mafia; se la stazione sciistica è stata sempre presente nei titoli dei giornali più per la presenza mafiosa del defunto boss che per le sue piste innevate, è grazie alla leggenda di Lo Presti. Per tutti Lo Presti era da sempre il boss incontrastato della Val di Susa, e per tutti Bardonecchia rappresentava il suo regno. Per i calabresi e i siciliani di Bardonecchia, Oulx, Sauze d'Oulx, Sestriere, Cesana, Claviere, Susa, ma anche per i montanari e per i villeggianti che arrivavano da Torino, Milano, Genova. Per tutti era una potenza nominale. Un nome che incuteva rispetto o riprovazione, ma di sicuro sempre una certa paura. Ha costruito da imprenditore molti edifici di Bardonecchia, e ha dato lavoro a migliaia di persone, durante gli anni del boom edilizio. Per i giudici di Torino è stato, colui che ha importato il fenomeno 'Ndrangheta nel nord Italia[11]. Summit segreti, polizia in allerta, sindaco aggredito, a Roma le denunce dell'Antimafia, intimidazioni intorno ai cantieri. Negli anni sessanta e settanta il suo potere in Piemonte è stato pari a quello di Don Antonio Macrì in Calabria. Ha dettato legge nel campo dell'edilizia. Ricco e potente fin dagli anni sessanta, ha creato la propria fortuna nel campo dell'edilizia e delle costruzioni, imponendo leggi e regole proprie, stravolgendone per anni il settore. Con un esercito di operai alle sue dipendenze, è stato l'uomo che, durante gli anni del boom e della speculazione edilizia in Piemonte, ha imposto il dominio della manodopera edilizia in tutta la Val di Susa. Salito agli onori delle cronache negli anni del boom e della speculazione edilizia prima, e del sequestro-omicidio Ceretto poi, ha avuto il potere assoluto nel campo dell'edilizia e della malavita in Piemonte fino al 1975, anno in cui venne mandato al confino sull'isola dell'Asinara. Per decenni si è indagato su di lui. Il fascicolo è enorme, legato con un grosso spago. Nella storia dell'infiltrazione della 'Ndrangheta in Piemonte tra il '65 e il '75 la sua figura è molto chiacchierata e viene evocata più volte dagli investigatori. Negli archivi di polizia e carabinieri ci sono soltanto informazioni riservate e confidenziali per migliaia di pagine, ma nessuna prova concreta di responsabilità dirette in illeciti o reati di sorta. Il fascicolo è pieno di assolutorie per insufficienza di prove. Inchieste, relazioni parlamentari, denunce, ordini di cattura, intercettazioni, arresti, sequestri. Ma lui ha sempre preferito atteggiarsi a mite cittadino perseguitato dalla giustizia. Eppure è stato l'uomo più chiacchierato della Val di Susa. Un uomo capace di scalare i gradini della carriera criminale sgusciando indenne tra un processo e l'altro, in grado di conquistare potere, abile nel riuscire a costruirsi una robusta posizione economica grazie alle amicizie influenti che gli hanno permesso di creare un impero[senza fonte] a Bardonecchia durante gli anni del boom edilizio. A lui si sono rivolti con riverenza numerosi personaggi politici dell'ex Partito Socialista Italiano. Ha avuto legami con la mafia marsigliese ed ha intrattenuto rapporti d'amicizia con Don Mico Domenico Tripodo, quando era in soggiorno obbligato ad Avigliana. La presenza di Tripodo era frequentemente segnalata a Bardonecchia[12]. Ha avuto legami molto forti con le 'ndrine di Ciminà e contatti con Don Giovanni Stilo di Africo, il sacerdote calabrese accusato più volte di collusioni con la 'Ndrangheta, in occasione dell'aggiustamento del processo Ceretto. Ha avuto legami con la mafia siciliana e americana. Luciano Liggio, Salvatore Inzerillo, Frank Coppola, Gerlando Alberti, la Famiglia Gambino di New York e le famiglie della 'Ndrangheta in Canada. Secondo un collaboratore di giustizia, negli ultimi anni, il rapporto con i cugini Mazzaferro si è incrinato e Lo Presti si è avvicinato ed alleato agli Aquino, rivali dei Mazzaferro. Uomo di vecchio stampo, è stato sempre contrario a fare affari di droga.


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