Sacrario delle Bandiere

Sacrario delle Bandiere
Cofano portabandiera della corazzata Vittorio Veneto
Ubicazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàRoma
IndirizzoVia dei Fori Imperiali
Coordinate41°53′41.87″N 12°29′01.36″E
Caratteristiche
Tipostorico-militare
Collezionibandiere di guerra italiane
Periodo storico collezionidal Risorgimento alla seconda guerra mondiale
Istituzione4 novembre 1968
Apertura4 novembre 1968[1]
ProprietàMinistero dei beni e delle attività culturali e del turismo
GestioneRAMDIFE Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio
DirettoreAttilio Cortone [2]
Visitatori880 000 (2007)[3]
Sito web

Il Sacrario delle Bandiere è uno dei musei delle forze armate italiane. Raccoglie e custodisce le bandiere di guerra dei reparti disciolti, delle unità navali radiate dal quadro del naviglio dello Stato, nonché le bandiere degli Istituti militari e delle unità appartenenti ai corpi armati dello Stato (Esercito Italiano, Aeronautica militare, Marina Militare, Arma dei Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia penitenziaria e Guardia di Finanza).[4]

Il sacrario si trova all'interno del Vittoriano a Roma, e il suo ingresso è situato lungo via dei Fori Imperiali, all'interno del Museo centrale del Risorgimento al Vittoriano.[5] Dall'interno del Sacrario delle Bandiere si accede alla cripta del Milite Ignoto, locale da cui è possibile vedere il lato del sacello della tomba del soldato sconosciuto che dà verso gli spazi interni del Vittoriano.[6]

  1. ^ Cronologia del Vittoriano, su altaredellapatriacentenario.it. URL consultato il 5 giugno 2018.
  2. ^ Direttore Sacrario delle Bandiere, su difesa.it. URL consultato il 5 giugno 2018.
  3. ^ I cento anni del Vittoriano: da luogo della memoria a luogo turistico, su storicamente.org. URL consultato il 5 giugno 2018.
  4. ^ Il Sacrario delle Bandiere al Vittoriano, su marina.difesa.it. URL consultato il 12 marzo 2018 (archiviato il 9 settembre 2017).
  5. ^ Museo Sacrario delle Bandiere delle Forze Armate al Vittoriano, su marina.difesa.it. URL consultato il 14 marzo 2018 (archiviato il 14 marzo 2018).
  6. ^ Tobia, pp. 102-103.

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