Sinderesi

San Girolamo nel suo studio, di Domenico Ghirlandaio

Il termine sinderesi, o sinteresi sarebbe, secondo San Girolamo,[1] quella parte dell'anima anche chiamata coscienza. La sinderesi, che lui chiama scintilla conscientiae ('luce della coscienza'), permette all'uomo di avere autocoscienza, esame di sé, conoscenza innata del bene e del male, e quindi capacità di distinguere spontaneamente il bene dal male, capacità di dirigersi verso ciò che lo conserva, al bene che lo favorisce, conseguendo l'autoconservazione.

Secondo Tommaso d'Aquino, la sinderesi esprime la tendenza innata dell'anima umana verso il bene e il suo rifiuto del male.[2] Dalla sinderesi dipende quindi la capacità dell'uomo di desiderare il bene e di provare rimorso per il male compiuto.

Tutta la Scolastica deriva il significato di sinderesi proprio dal pensiero tomista, chiarendo che questa disposizione di parte dell'anima al bene avviene poiché quella parte non è stata macchiata dal peccato originale, che di per sé renderebbe impossibile ad ogni uomo di aspirare al bene. In questo significato di tendenza attiva della coscienza al bene, ritroviamo l'uso del termine in Bossuet.[3]

Il termine non è più usato nella filosofia contemporanea.[4] Lo si ritrova comunque impiegato, talora, in campo psichiatrico ed in particolare negli studi sulla psicopatia.[5]

  1. ^ S.Girolamo, Commento ad Ezechiele, I, c. I
  2. ^ S.Tommaso, Summa theologica I,II q. 94, art. 1, arg. 1-2,
  3. ^ Bossuet, Trattato sulla conoscenza di Dio e di sé stesso, cap. 1, par. 7
  4. ^ Voce sinderesi in Enciclopedia Garzanti di Filosofia, Garzanti, Milano, 1981.
  5. ^ Martha Stout, (2005) The Sociopath Next Door, Broadway Books, ISBN 0-7679-1582-8 (termine sinderesi in pag. 27, 28, 29, 33)

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