Tempio di Apollo (Delfi)

Tempio di Apollo
CiviltàAntica Grecia
Utilizzotempio
Stiledorico
Localizzazione
StatoGrecia (bandiera) Grecia
ComuneDelfi
Mappa di localizzazione
Map
 Bene protetto dall'UNESCO
Sito archeologico di Delfi
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturali
Criterio(I) (II) (III) (IV) (VI)
PericoloNon in pericolo
Riconosciuto dal1987
Scheda UNESCO(EN) Archaeological Site of Delphi
(FR) Scheda

Il Tempio di Apollo a Delfi era un complesso religioso risalente al IV secolo a.C. noto per il suo oracolo e per la sua lucentezza.

Il tempio, di ordine dorico e periptero, venne edificato sui resti di un tempio anteriore, eretto nel V secolo a.C., che a sua volta venne eretto nella stessa posizione di un altro del VII secolo a.C. La sua costruzione è attribuita agli architetti Trofonio e Agamede.[1]

Nel secolo VI a.C. era conosciuto come il "Tempio degli Alcmeonidi" in tributo alla famiglia ateniense che aveva finanziato la sua ricostruzione dopo che un incendio aveva distrutto la sua struttura originale. Il nuovo edificio era un tempio di stile dorico esastilo di 6 x 15 colonne che venne poi distrutto nell'anno 373 a.C. Le sculture del frontone sono attribuite a Praxias e Androstene, ateniensi. Di una proporzione simile, il secondo tempio mantenne il modello 6 x 15 colonne nello stilobate.[1] Dentro vi stava l'adyton, il centro dell'oracolo e il sedile della Pizia. Il monumento è stato restaurato in parte nel 1938.

Sopravvisse fino al 390 d.C., anno in cui l'imperatore cristiano Teodosio I fece tacere l'oracolo con la distruzione del tempio e la maggior parte delle statue e opere d'arte in nome del cristianesimo.[2] Il santuario fu completamente distrutto dai cristiani zelanti della loro fede, nel loro tentativo di cancellare ogni traccia di paganesimo.[2]

  1. ^ a b Thomas Sakoulas, Temple of Apollo at Delphi, su ancient-greece.org. URL consultato il 23 febbraio 2018.
  2. ^ a b (EN) Sharon La Boda, International Dictionary of Historic Places: Southern Europe, Taylor & Francis, 1995, ISBN 9781884964022. URL consultato il 23 febbraio 2018.

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