Teologia negativa

La teologia negativa è un tipo di riflessione religiosa e filosofica che si propone di indagare Dio secondo una prospettiva puramente logico-formale, prescindendo totalmente da contenuti sostanziali.

Incisione di Otto van Veen (1660), che descrive negativamente Dio come quel che «nessun occhio ha visto, né orecchio ha udito» (cit. da 1 Corinzi, 2,9)

Dio viene studiato cioè come il limite estremo su cui il pensiero logico si attesta e oltre il quale non può andare, dovendo da lì in poi cedere il passo alla fede e a un sapere rivelato. Secondo l'argomento ontologico utilizzato da vari filosofi,[1] infatti, la logica riuscirebbe al massimo ad affermare che Dio non può non essere; per il resto, non ci può dire cosa è Dio, ma ci dice cosa Egli non è. Il metodo negativo, altrimenti noto come via negationis,[2] consiste in definitiva nello studiare e nel definire una realtà a partire unicamente dal suo contrario. Di qui la valorizzazione del limite, dell'errore che pur opponendosi alla verità, permette in qualche modo di circoscriverla. La ragione umana mira così ad avvicinarsi all'Assoluto proprio grazie alla consapevolezza di essere fallibile e limitata. Diventare coscienti di un limite, infatti, è già un modo di trascenderlo e di superarlo.

  1. ^ Tra di essi il più celebre è stato Anselmo d'Aosta, il quale replicava a Gaunilone che la sua prova ontologica definiva Dio in negativo, non affermando cosa Egli è, ma semplicemente negandogli ogni difetto o imperfezione (Anselmo, Proslogio, a cura di I. Sciuto, Bompiani, 2002).
  2. ^ Franz Courth, Il mistero del Dio Trinità, Milano, Jaca Book, pp. 67-69, 1993. ISBN 88-16-40331-4; ISBN 978-88-16-40331-4. Anteprima disponibile in books.google.it.

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