Trilobiti | |
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Il trilobite Dalmanites limulurus appartiene alla famiglia dei Phacopida e visse nel Siluriano | |
Stato di conservazione | |
Fossile | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Ramo | Bilateria |
Superphylum | Protostomia |
(clado) | Ecdysozoa |
Phylum | Arthropoda |
Subphylum | Trilobitomorpha |
Classe | Trilobita |
Ordini | |
I trilobiti sono artropodi di ambiente marino esclusivi dell'era paleozoica, che costituiscono la classe Trilobita. Questo gruppo è documentato dal Cambriano inferiore avanzato (a partire da circa 521 Ma), fino al tardo Permiano (circa 250 Ma). Il loro nome significa "a tre lobi", dalla loro caratteristica morfologica più evidente, ovvero la partizione longitudinale del corpo in tre lobi: un lobo assiale (mediano) o "rachis", e due pleurali (laterali).[1]
Sono forme generalmente di piccole e medie dimensioni: per la maggior parte da pochi millimetri a una decina di centimetri di lunghezza, eccezionalmente fino 60-70 cm. I trilobiti sono dotati di un esoscheletro con morfologia complessa, in parte di natura organica e in parte composto da carbonato di calcio. Questi organismi, caratterizzati da una spiccata segmentazione metamerica, sono dotati di un capo differenziato (cephalon), in posizione anteriore, con occhi composti (che in qualche caso sono regrediti o assenti); di un torace (thorax) segmentato e articolato, e infine da un elemento posteriore a scudo (pygidium). Sono inoltre dotati di varie paia di appendici articolate (un paio per ogni segmento del corpo, o metamero), in parte con funzione di arti per la deambulazione e in parte di supporto a strutture branchiali.[2]
Fino a oggi sono stati determinati circa 1 500 generi e 10 000 specie di trilobiti vissuti nei 270 milioni di anni circa della vita complessiva di questo gruppo. I trilobiti sono buoni fossili guida e hanno consentito, soprattutto per il Paleozoico Inferiore, la distinzione di varie province paleobiogeografiche. Sono caratterizzati da una evoluzione rapida con variazione vistosa dei caratteri, che fanno di molte specie di questo gruppo degli indicatori biostratigrafici di notevole importanza per la datazione delle rocce sedimentarie paleozoiche. Il loro valore stratigrafico è massimo nel Cambriano e nell'Ordoviciano.[3]