Uroboro

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Un'immagine (Uroboro) disegnata nel 1478 da Theodoros Pelecanos in un trattato alchemico intitolato Synosius

L'urobòro[1] (chiamato anche uroburo[2] o, palindromamente, oroboro[3]) è un simbolo rappresentante un serpente o un drago che si morde la coda, formando un cerchio senza inizio né fine.[4]

Simbolo molto antico, presente in molti popoli e in diverse epoche[5] apparentemente immobile, ma in eterno movimento, rappresenta il potere che divora e rigenera sé stesso, l'energia universale che si consuma e si rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose,[4] che ricominciano dall'inizio dopo aver raggiunto la propria fine. Simboleggia quindi l'unità, la totalità del mondo, l'infinito, l'eternità, il tempo ciclico, l'eterno ritorno, l'immortalità e la perfezione.[6]

  1. ^ Uroboro, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  2. ^ Hans Biedermann, Enciclopedia dei simboli, a cura di Paola Locatelli, Milano, Garzanti, 1991, ISBN 88-11-50458-9. 1ª ed. originale: (DE) Knaurs Lexikon der Symbole, München, Droemersche Verlaganstalt Th. Knaur Nachf., 1989.
  3. ^ Oroboro palindromo
  4. ^ a b Cf. Nicola Ubaldo, Atlante illustrato di filosofia, Firenze, Giunti Editore. p. 263, 2000, ISBN 88-440-0927-7, ISBN 978-88-440-0927-4. nuova ed., 2005, ISBN 88-09-04192-5, ISBN 978-88-09-04192-9.
  5. ^ Izzi 1989, 270-271.
  6. ^ Cooper 1987, p. 212.

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