Fin dai primi episodi, Charlie's Angels fu aspramente criticato da giornalisti del settore e dalle femministe. Se i primi si limitavano ad etichettare la serie come «semplice paccottiglia»[1], le seconde la attaccarono apertamente, vedendo nello show l'ennesimo sfruttamento della figura femminile nonché un affronto al crescente movimento di liberazione della donna negli anni '70.
Il 22 novembre 1976, Time pubblicò un articolo[2] sulle "Superdonne della tv" dedicando la copertina agli Angeli e analizzò il fenomeno mediatico a cui essi erano soggetti già dopo pochissimi episodi (il 59% dei televisori americani si sintonizzavano sul telefilm ogni mercoledì sera a soli 7 episodi dal suo inizio, mantenendo la serie ben salda al 4° posto della classifica Nielsen[senza fonte]).
Nell'articolo si sottolineava il "dietro le quinte" di tale successo (e, con esso, di altre serie televisive dell'epoca con donne protagoniste come La donna bionica, Wonder Woman, Pepper Anderson agente speciale) e - in alcuni punti - si difendeva la serie dai loro detrattori intenti a sottolineare l'atmosfera "sessista" che in essa si respirava. Per il Time, «Charlie's Angels potrebbe anche essere considerato un "porno per famiglie", una delicata fantasia erotica che attrae equamente uomini e donne», ma è anche vero che la serie «è stata diffusa in un momento storico in cui vi sono discussioni più schiette sui bisogni e sui desideri sessuali e in cui le donne, soprattutto, cominciano a rivelare le loro fantasie erotiche. [E] [...] Charlie's Angels sembra parli per e con loro».
Nel 1976, il movimento femminista aveva conquistato un vasto riconoscimento e gruppi come la National Organization for Women promuovevano campagne a favore della ratifica dell'Equal Rights Amendment. In questo clima, la giornalista Judith Coburn, impegnata sul fronte del movimento femminista, espresse la sua opinione su Charlie's Angels (riportata nell'articolo del Time), considerandolo - televisivamente parlando - un duro contraccolpo al femminismo perché era «uno degli show più misogini visti in tv». Per la Coburn, il rapporto tra Charlie e gli Angeli era paragonabile al rapporto tra «un magnaccia e le sue ragazze», sostenendo che «Charlie spedisce le sue scaltre ragazze in giro per il mondo con le loro insidie sessuali mentre lui raccoglie i profitti». Con gli Angeli, asseriva sempre la giornalista, le donne erano state nuovamente relegate ai vecchi ruoli subordinati e sessualizzati dai quali le femministe stavano cercando di liberarsi in tutti i modi. Le protagoniste della serie erano solo «apparentemente donne forti» in quanto «in essa permane il mito più dannoso per la lotta delle donne nella conquista dell'uguaglianza in campo professionale, cioè che le donne usano sempre il sesso per ottenere quello che vogliono, anche sul lavoro». Questa affermazione, secondo Henry Branham Jr.[3], era però basata solo su una manciata di episodi. Agli inizi, infatti, «Charlie's Angels faceva ricorso certamente alla sessualità per conquistare il pubblico. Era uno stratagemma e funzionava. Se le attrici erano poco vestite, attiravano gente»[4] anche se, così facendo, «la serie veniva fortemente condannata con l'accusa di essere più un peep show che non un teleflim di prima serata». Considerare gli Angeli come delle «prostitute», come in effetti fa la Coburn, è «demenziale», prosegue Branham. «Tutti gli Angeli, tranne Julie, hanno seguito un lungo addestramento all'Accademia di Polizia, [...] sono tutte pagate per il loro lavoro e ripagate ulteriormente con vacanze (Gli Angeli pom-pom) e spese extra per lo shopping (L'Angelo e il suo doppio). Quindi equipararle a delle prostitute è assurdo. Sebbene talvolta usino il loro charme femminile per cercare degli indizi e incastrare i cattivi ragazzi, non hanno mai fatto sesso con nessun sospettato per portare a termine il loro lavoro».
Di tutt'altro avviso è anche Whitney Womack nel suo saggio Reevaluating "Jiggle TV" - "Charlie's Angels" at Twenty-Five per il volume "Disco Divas: Women and Popular Culture in the 1970s" (a cura di Sherrie Inness) del 2003. Per la scrittrice, Charlie's Angels era la dimostrazione che le donne potevano avere gli stessi diritti professionali degli uomini. Le detective in questione «potevano anche essere degli Angeli, ma almeno non erano "Angeli del focolare", che allora era ancora l'ideale che veniva rappresentato nelle famiglie e nei mass media». Al contrario, Sabrina, Kelly e Jill davano prova di essere professioniste qualificate e anche ben pagate in un ambiente che tradizionalmente non era così aperto con le donne. «Loro hanno deciso di lavorare per Charlie proprio per sfuggire al sessimo del Dipartimento di Polizia di Los Angeles» e Charlie, dal canto suo, dava loro campo libero per dimostrare la loro sagacia nel risolvere i casi, casi in cui, molto spesso, le tre ragazze dimostravano una sorellanza fortemente difesa dal femminismo. Proprio da questo, la Womack traccia un tema che accomuna molti episodi della serie. Spesso «gli Angeli vengono assoldati per salvare o vendicare una donna che è vittima di oppressione da parte di un uomo. La donna vittimizzata è spesso di classe bassa o è una persona emarginata o non ha voce in capitolo; gli Angeli quindi assumono il ruolo di avvocati per queste donne, i cui casi - come ci viene suggerito - verrebbero ignorati o rimarrebbero insoluti presso i dipartimenti di polizia che tratterebbero i problemi delle donne in maniera superficiale».
Anche Susan Douglas, nel suo Where the Girls Are: Growing Up Female with the Mass Media[5], va in questa direzione. Secondo lei, queste trame «suggeriscono un legame femminile tra la barriere di classe che molte femministe tentano di suggellare» e in definitiva «affermano l'importanza dell'amore tra consorelle». Anche la Womack, in ogni modo, non nega che gli Angeli usavano il loro sex-appeal per inchiodare i colpevoli maschi, quei maschi che «erano spesso rei di ferire od opprimere altre donne e [che] per questo [venivano] regolarmente etichettati dagli Angeli come "porci maschi sciovinisti"». Al contempo, però, la Womack sottolinea come le tre donne usassero soprattutto la loro intelligenza, la loro forza fisica e la loro esperienza lavorativa. In più, non si può non tenere in conto dell'indipendenza degli Angeli: Kelly e Jill non erano sposate, mentre Sabrina era divorziata (proprio perché suo marito Bill non era d'accordo con la scelta professionale che la donna aveva fatto); con i loro soldi, acquistavano macchine e vestiti e, nonostante la loro bellezza e la loro magrezza, facevano affidamento solo sulle loro forze, caratteristica che le rendeva "reali", a differenza di altre due eroine della tv di allora, La donna bionica e Wonder Woman, che erano in possesso di irraggiungibili poteri sovrannaturali. Alla fine della prima stagione, quando Jill lasciò l'Agenzia, non fu certo un caso che la donna abbandonasse il ruolo di detective non per dedicarsi a una famiglia o a un marito ma per abbracciare un'altra professione tipicamente "maschile" come quella del pilota di Formula 1. Per Gladys L. Knight, nel suo saggio Female Action Heroes - A Guide to Women in Comics, Video Games, Film, and Television, questa fu una «mossa trasgressiva»[6], in una serie che spesso «avvalorava la tesi che le donne sposate non godevano delle stesse libertà e delle stesse opportunità delle donne single». E quando, tre anni dopo, Sabrina lasciò anche lei l'Agenzia per dedicarsi invece proprio al suo uomo (e addirittura a un bambino in arrivo), gli autori non fecero altro che seguire il nuovo corso nel campo dell'emancipazione della donna che si stava via via profilando all'orizzonte, e cioè che «le giovani donne avevano finalmente la chance di irrompere nella forza-lavoro e al contempo di ritornare nello spazio domestico tramite il matrimonio e la gravidanza»[6].
Sempre Susan Douglas, nel succitato saggio, sosteneva che la serie era così popolare perché si manteneva sempre a metà tra "femminismo" e "antifemminismo" sfruttando perfettamente quelle tensioni tra i due movimenti tipiche nella cultura americana degli anni 70, e lo faceva già a partire dai titoli di testa. Nella sigla di apertura, due "racconti" andavano di pari passo: uno, fatto di immagini, in cui si mostravano donne «di sostanza» e credibili nelle loro mansioni; l'altro racconto era in voce, quella di Charlie, in cui i tre Angeli venivano introdotti come in una sorta di fiaba per bambini (sottolineata da quell'iniziale "C'erano una volta..."). Vi era quindi una descrizione, per certi versi ironica, di tre "cenerentole" (o di tre "Barbie") che svolgevano il loro noioso dovere in attesa del principe azzurro che prima o poi sarebbe corso a salvarle ("e io le ho portate via e ora lavorano per me"). Eppure, le immagini mostravano molto più che "tre ragazze molto carine": Sabrina era alle prese con un bersaglio (che veniva prontamente centrato); Jill si sottoponeva a un esercizio fisico quasi militaresco, mentre Kelly - forse non a caso - metteva a terra un suo collega maschio con un colpo di judo.
Gladys L. Knight, invece, vede nella sigla (così come in tutta la serie), una contrapposizione tra "stereotipizzazione" (quando le detective venivano presentate come "three little girls") e "trasgressione" (quando, al contrario, le tre donne dovevano mostrare la loro "durezza"). Per la Knight, gli Angeli venivano costantemente identificate in situazioni che sfidavano le percezioni stereotipate della donna ma che allo stesso tempo le rappresentavano in termini tradizionali. L'esempio più lampante era il personaggio di Sabrina. La Duncan, infatti, era in netto contrasto con l'idea "tradizionale" che le donne erano meno intelligenti degli uomini (come dimostavano molte sitcom, in cui spesso il personaggio femminile più apprezzato era quello della donna sciocca, mentre la donna furba e sagace veniva solitamente tenuta ai margini). Al contempo, Sabrina veniva anche caratterizzata come la meno attraente tra gli Angeli, e per questo non veniva mai mostrata in bikini o in costume da bagno, in forte contrapposizione quindi con le altre protagoniste della serie, delle quali veniva spesso sottolineato lo stile glamour. Anche Kelly e Jill erano soggette a questi contrasti. Se la prima era la più attraente e contemporaneamente la più emotiva, la seconda era sia bella e femminile che fisicamente forte (in netto contrasto, quindi, con l'idea che una donna molto atletica fosse mascolina e poco attraente).