William Bruce, I baronetto di Balcaskie

William Bruce

Sir William Bruce (Blairhall, 16301º gennaio 1710) è stato un architetto scozzese.

William Bruce fu "il reale fondatore dell'architettura classica in Scozia," come osserva Howard Colvin.[1] Come figura chiave nell'introduzione dello stile palladiano in Scozia, fu paragonato agli architetti inglesi pionieri Inigo Jones e Christopher Wren,[2] e a coloro che introdussero lo stile francese nell'architettura inglese, Hugh May e Sir Roger Pratt.[1] Bruce era un mercante a Rotterdam durante il decennio 1650 ed ebbe un ruolo nella Restaurazione di Carlo II nel 1659. Portava i messaggi tra il re in esilio e il generale Generale Monck e la sua lealtà al re fu premiata con cariche ufficiali lucrative, tra cui Maestro del Lavoro alla Corona di Scozia, rendendo Bruce l"architetto reale". I suoi patroni includono John Maitland, I Duca di Lauderdale, il più potente uomo di Scozia a quel tempo, e Bruce salì al Parlamento, e brevemente si sedette al Privy Council scozzese.

Nonostante la sua mancanza di competenza tecnica, Bruce divenne il più importante architetto in Scozia del suo periodo. Ha lavorato con muratori e costruttori professionali competenti, ai quali comunicò un vocabolario classico, quindi la sua influenza andò oltre la sua cerchia aristocratica.

All'inizio del decennio 1660 costruì e ristrutturò un certo numero di case di campagna, tra cui Thirlestane Castle per il duca di Lauderdale e Hopetoun House. Tra i suoi lavori più significativi troviamo la villa in stile palladiano a Kinross, costruita sulla sua proprietà sul Lago Leven che aveva acquistato nel 1675. Come architetto reale intraprese la ristrutturazione dell'Holyrood Palace nel decennio 1670, tale ristrutturazione diede all'edificio il suo aspetto attuale. Alla morte di Carlo II, Bruce perse i suoi favori politici e successivamente, a seguito dell'ascesa al trono di Guglielmo e Maria, fu imprigionato più volte perché sospettato di essere giacobita. Tuttavia continuò a gestire il suo lavoro di architetto, spesso fornendo i suoi servizi ad altri simpatizzanti dei giacobiti.

  1. ^ a b Colvin, p.172–176
  2. ^ Fenwick, p.xv

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