XXVII dinastia egizia

Egitto achemenide
Egitto achemenide - Stemma
Egitto achemenide - Localizzazione
Egitto achemenide - Localizzazione
Dati amministrativi
Nome completoPrima satrapia d'Egitto
Nome ufficialeGrande satrapia di Mudrāya (Egitto)
Lingue parlateAntico egizio
Antico persiano
CapitaleMenfi
Babilonia, Pasargadae, Ecbatana, Susa, Persepoli[1]
Dipendente daImpero achemenide
Politica
Forma di StatoSatrapia achemenide
Forma di governoMonarchia assoluta teocratica retta dal re di Persia come faraone rappresentato localmente da un satrapo
Nascita525 a.C. con Cambise II
CausaBattaglia di Pelusio
Fine404 a.C. con Dario II
CausaRibellione di Amirteo
Territorio e popolazione
Bacino geograficoAlto e Basso Egitto (Valle del Nilo)
Religione e società
Religioni preminentiReligione egizia
Religioni minoritarieZoroastrismo
Evoluzione storica
Preceduto daRegno d'Egitto (XXVI dinastia)
Succeduto daRegno d'Egitto (XXVIII dinastia)
Ora parte diRepubblica araba d'Egitto

La XXVII dinastia egizia, anche nota come Prima satrapia d'Egitto, governò l'antico Egitto quando quest'ultimo fu, a tutti gli effetti, una provincia (satrapia) dell'antico Impero persiano achemenide fra il 525 e il 404 a.C. Fu fondata da Cambise II, re di Persia, dopo la sua conquista dell'Egitto e la sua incoronazione come faraone egizio; ebbe termine con la rivolta di Amirteo (404–399 a.C.), forse un discendente della precedente XXVI dinastia, destinato a diventare il fondatore e unico faraone della XXVIII dinastia. Lo storico e sacerdote egizio d'epoca ellenistica Manetone, fautore della suddivisione della storia egizia in "dinastie", descrisse la presente dinastia come "otto re persiani"; di questi, Cambise II (525522 a.C.), Dario I (521486 a.C.), Serse I (486–466 a.C.) e Artaserse I (465424 a.C.) hanno lasciato monumenti recanti i loro cartigli faraonici.[2] Dario II (423404 a.C.) e Artaserse II (404-358 a.C.) non misero mai piede in Egitto[2].

La precedente XXVI dinastia, al governo fin dal 664 a.C., aveva reso prospero l'Egitto: ma, in quella che sarebbe potuta diventare una "perla dell'Impero", i rapporti tra gli occupanti e la popolazione indigena rimasero freddi e sospettosi. I primi due faraoni persiani cercarono di stabilire una collaborazione pacifica, cui gli Egizi contrapposero scarso entusiasmo.[2] Comunque, la politica di distensione perseguita da Cambise II e Dario I non fu raccolta né dai loro successori né dai satrapi, che anzi imposero misure odiose (come l'abolizione dello status regale per le "divine spose di Amon"[3]) e prelievi forzati dalle rendite dei templi per finanziare le campagne di guerra imperiali. Fu così che i collegi sacerdotali, duramente colpiti dalla nuova dinastia, fomentarono un "nazionalismo egiziano esasperato e insofferente"[2].

Scacciato dalla valle del Nilo nel 404 a.C., l'Impero achemenide riuscì a riappropriarsene nel 343 a.C., per un decennio soltanto (fino alla conquista di Alessandro Magno): fu la XXXI dinastia, detta anche Seconda satrapia d'Egitto[4].

  1. ^ Capitali dell'Impero achemenide.
  2. ^ a b c d Cimmino 2003, p. 375.
  3. ^ Cimmino 2003, p. 377.
  4. ^ Cimmino 2003, pp. 397-400.

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